Losone, 15 agosto 2014
Theo van Gogh, Roman Polanski e la libertà d’espressione
Ho letto l’appello per la
libertà d’espressione lanciato
da Giuseppe Curonici e Sergio
Roic e sottoscritto da diverse
altre persone che non hanno
gradito le critiche rivolte ai
dirigenti del Festival per l’invito
in pompa magna fatto al regista
Roman Polanski. Anch’io ho
trovato piuttosto strumentali,
esagerate e inopportune queste
critiche, ma ritengo che proprio
in nome della tanto decantata libertà
d’espressione ciascuno abbia il
diritto di dire cosa pensa.
Comunque in questo caso non vedo
proprio quali rischi abbia
corso la libertà di espressione,
visto che se il contestato
regista non è venuto a Locarno,
non è perché qualcuno
gliel’abbia proibito ma perché
lui stesso vi ha rinunciato.
Mi chiedo semmai dov’erano
i firmatari di questo appello
quando anni fa i dirigenti del
Festival del film rinunciarono
con pretesti vari a dar spazio a
un breve filmato di un regista
europeo che aveva pagato con la
sua vita il coraggio di aver
girato un breve e, oserei
aggiungere, sacrosanto
film di denuncia sulla
condizione femminile nell’Islam
: allora sì che fra il
silenzio dei vari critici
cinematografici, registi, attori
, giornalisti, politici e uomini
di cultura presenti a Locarno
la libertà di espressione -
come accadde successivamente
pure nella vicenda delle
vignette danesi su Maometto -
subì un duro colpo. A chi
avesse la memoria corta vorrei
qui ricordare cos’era successo,
anche per rendere un dovuto
omaggio alla memoria di quello
sconosciuto regista che
non passerà certo alla storia
del cinema per le sue opere ma
che ai miei occhi è un martire
della libertà. Il regista in questione era l’olandese Theo van Gogh, che proprio dieci anni fa, il 2 novembre 2004, venne barbaramente assassinato in strada da un integralista islamico con la doppia nazionalità marocchina e olandese a causa di un suo cortometraggio della durata di una decina di minuti, intitolato “Submission”, nel quale denunciava lo stato di sottomissione della donna nell’Islam ( e pensare che da noi c’è chi difende il burqa…) . La sua scenografa, che da allora dovette vivere con la scorta di polizia e che ha finito con l’emigrare negli USA, era la parlamentare liberale di origine somala Ayaan Hirsi Ali : una musulmana che l’oppressione dell’Islam sulle donne l’aveva sperimentata sulla propria pelle, come aveva descritto nel libro “La fabbrica dei figli”. Il 16 dicembre del 2004 un gruppo di politici ticinesi (Iris Canonica, Lorenzo Quadri, lo scomparso Umberto Marra, Giovanna De Ambrogi e il sottoscritto) scrisse all’allora direttrice del Festival del film di Locarno, Irene Bignardi, chiedendo di commemorare il regista e dare un segnale forte di difesa della libertà di espressione proiettando il cortometraggio in Piazza Grande, “invitando alla proiezione l’autrice della sceneggiatura nonché tutti quei nostri concittadini musulmani che sono a stragrande maggioranza difensori della libertà”. La risposta fu negativa. Dapprima si accamparono motivi di sicurezza e poi si disse – ma la cosa venne successivamente smentita dal Corriere della Sera - che il produttore aveva ritirato il film. Se lo scopo dell’assassino di van Gogh e dei i suoi mandanti indiretti ( cioè gli islamisti che - Corano alla mano - predicano l’odio contro l’Occidente in buona parte delle moschee europee quasi tutte in mano alla potente setta dei Fratelli musulmani e ai salafiti ) era quello di terrorizzare chiunque volesse criticare l’Islam e assestare così un duro colpo alla libertà di espressione, tale obiettivo in quel caso fu raggiunto. Ed è come se Theo van Gogh fosse morto invano, o fosse stato ucciso due volte.
Non è con il silenzio che
si può evitare la crescita del
Male , ma è con la denuncia.
Anche tramite il cinema ! E
difatti - mentre in Europa e
altrove molti governanti e
cittadini , per ignoranza ,
interesse o paura, continuano
in nome del multiculturalismo e
della libertà di religione a
fare e tollerare concessioni
alle pretese di un Islam
neofascista che sfruttando le
regole democratiche mira a
conquistare l’ Occidente e il
resto del mondo anche con il
terrorismo e la violenza - abbiamo
visto come in quest’ultimo
decennio, grazie anche al
silenzio di chi poteva
denunciare e non l’ha fatto,
l’integralismo nel mondo
musulmano fuori e dentro
l’Europa sia cresciuto in modo
esponenziale, dando origine fra
l’altro alla più grande
strage di cristiani dai tempi
dell’impero romano (con la
Chiesa cattolica che per anni si
è limitata a porgere l’altra
guancia…) . E siamo solo agli
inizi. V’è chi prevede, e il
sottoscritto è fra questi, che
fra non molto il Jihad – ossia
la guerra di espansione in nome
di Allah - si sposterà sul
nostro Continente, probabilmente
con epicentro in Francia. E
allora ad essere in pericolo non
sarà più solo la libertà
d’espressione… Giorgio Ghiringhelli, fondatore del movimento “Il Guastafeste” |