di Giorgio Ghiringhelli


IL MOVIMENTO POLITICO CHE NON MOLLA MAI L'OSSO

Losone, 15 agosto 2014

 

Theo van Gogh, Roman Polanski e la libertà d’espressione

 

Ho letto l’appello per la libertà d’espressione lanciato da Giuseppe Curonici e Sergio Roic e sottoscritto da diverse altre persone che non hanno gradito le critiche rivolte ai dirigenti del Festival per l’invito in pompa magna fatto al regista Roman Polanski. Anch’io ho trovato piuttosto strumentali, esagerate e inopportune queste critiche, ma ritengo che proprio in nome della tanto decantata  libertà d’espressione ciascuno abbia il diritto di dire cosa pensa. Comunque in questo caso non vedo proprio  quali rischi abbia corso la libertà di espressione, visto che se il contestato regista non è venuto a Locarno, non è perché qualcuno gliel’abbia proibito ma perché lui stesso vi ha rinunciato.

Mi chiedo semmai dov’erano i firmatari di questo appello quando anni fa i dirigenti del Festival del film rinunciarono con pretesti vari a dar spazio a un breve filmato di un regista europeo che aveva pagato con la sua vita il coraggio di aver girato un breve e, oserei aggiungere,  sacrosanto film di denuncia sulla condizione femminile nell’Islam :   allora sì che fra il silenzio dei vari critici cinematografici, registi, attori , giornalisti, politici e uomini di cultura  presenti a Locarno la libertà di espressione  - come accadde successivamente pure nella vicenda delle vignette danesi su Maometto - subì un duro colpo.  A chi avesse la memoria corta vorrei qui ricordare cos’era successo, anche per rendere un dovuto omaggio alla memoria di quello sconosciuto  regista che non passerà certo alla storia del cinema per le sue opere ma che ai miei occhi è un martire della libertà.

Il regista in questione era l’olandese Theo van Gogh, che proprio dieci anni fa, il 2 novembre 2004,   venne barbaramente assassinato  in strada da un integralista islamico con la doppia nazionalità marocchina e olandese a causa di un suo cortometraggio della durata di una decina di minuti, intitolato “Submission”, nel quale denunciava lo stato di sottomissione della donna nell’Islam ( e pensare che da noi c’è chi difende il burqa…) . La sua scenografa, che da allora dovette vivere con la scorta di polizia e che ha finito con l’emigrare negli USA, era la parlamentare liberale di origine somala Ayaan Hirsi Ali : una musulmana che l’oppressione dell’Islam sulle donne l’aveva sperimentata sulla propria pelle, come  aveva descritto nel libro “La fabbrica dei figli”.

Il 16 dicembre del 2004 un gruppo di politici ticinesi (Iris Canonica, Lorenzo Quadri, lo scomparso Umberto Marra, Giovanna De Ambrogi e il sottoscritto) scrisse all’allora direttrice del Festival del film di Locarno, Irene Bignardi, chiedendo di commemorare il regista e dare un segnale forte di difesa della libertà di espressione proiettando il cortometraggio  in Piazza Grande,  “invitando alla proiezione l’autrice della sceneggiatura nonché tutti quei nostri concittadini musulmani che sono a stragrande maggioranza difensori della libertà”. La risposta fu negativa. Dapprima si accamparono motivi di sicurezza e poi si disse – ma la cosa venne successivamente smentita dal Corriere della Sera -  che il produttore aveva ritirato il film.

Se lo scopo dell’assassino di van Gogh e dei i suoi mandanti indiretti ( cioè gli islamisti che - Corano alla mano - predicano l’odio contro l’Occidente in buona parte delle moschee europee quasi tutte in mano alla potente setta dei Fratelli musulmani e ai salafiti ) era quello di terrorizzare chiunque volesse criticare l’Islam e assestare così un duro colpo alla libertà di espressione, tale obiettivo in quel caso fu raggiunto. Ed è come se Theo van Gogh fosse morto invano, o fosse stato ucciso due volte.

Non è con il silenzio che si può evitare la crescita del Male , ma è con la denuncia. Anche tramite il cinema ! E difatti -  mentre in Europa e altrove molti governanti e cittadini , per ignoranza , interesse o paura, continuano  in nome del multiculturalismo e della libertà di religione a fare e tollerare concessioni alle pretese di un Islam neofascista che sfruttando le regole democratiche mira a conquistare l’ Occidente e il resto del mondo anche con il terrorismo e la violenza -  abbiamo visto come in quest’ultimo decennio, grazie anche al silenzio di chi poteva denunciare e non l’ha fatto,  l’integralismo nel mondo musulmano fuori e dentro l’Europa sia cresciuto in modo esponenziale, dando origine fra l’altro  alla più grande strage di cristiani dai tempi dell’impero romano (con la Chiesa cattolica che per anni si è limitata a porgere l’altra guancia…) . E siamo solo agli inizi. V’è chi prevede, e il sottoscritto è fra questi, che fra non molto il Jihad – ossia la guerra di espansione  in nome di Allah -  si sposterà sul nostro Continente, probabilmente con epicentro in Francia. E allora ad essere in pericolo non sarà più solo la libertà d’espressione…

Giorgio Ghiringhelli, fondatore del movimento “Il Guastafeste”