di Giorgio Ghiringhelli


IL MOVIMENTO POLITICO CHE NON MOLLA MAI L'OSSO

                       

Losone, 20 gennaio 2016

 

DOPO I FATTI DI COLONIA :

VIETARE IN TUTTA EUROPA IL VELO ISLAMICO,

 SIMBOLO RAZZISTA  E  SESSISTA

 

 

 

Il 21 agosto 2013 , in vista della votazione popolare sull’iniziativa antiburqa, sul sito internet del Guastafeste  (nel link dedicato all’Islam) avevo pubblicato un articolo intitolato “Il burqa, il velo e il lecca lecca” che in un certo senso aveva previsto i barbari attacchi sessuali di matrice islamica avvenuti la notte di San Silvestro a Colonia e in altre città europee, fra cui Zurigo, e che aiuta a spiegarne le motivazioni in chiave religiosa.

 

           PER LEGGERE L’ARTICOLO  DEL 21.8.2013 CLICCA QUI

 

Perché ritorno su quell’articolo, che a quell’epoca poteva sembrare ad alcuni frutto di becero fanatismo antislamico ?

 

Il vero significato razzista del velo islamico

 

Perché dopo i fatti di Colonia la lettura di quel testo dimostra , specie nelle sue conclusioni, che il sottoscritto aveva visto giusto,  e che con lungimiranza  aveva tentato di far aprire gli occhi, soprattutto alle nostre femministe di sinistra pro-burqa, sul vero significato del velo islamico,  che del resto è ben descritto nel Corano (versetto 59 della Sura 33 ) :

 

“ O tu, proprio tu profeta, raccomanda alle tue donne, alle tue figlie, alle donne dei credenti di calare un poco su di loro i veli : questo servirà a distinguerle dalle altre, perché non vengano offese” .

 

Il velo è dunque  una sorta di “marchio DOC”, un segno di riconoscimento di tipo razzista  per distinguere le donne musulmane pie da quelle non praticanti e da quelle non musulmane, in modo da proteggere dalle molestie sessuali chi lo indossa,  lasciando tutte le altre alla mercè di quelle bande di barbari che si sentono autorizzati dalla loro religione a stuprare e molestare sessualmente le donne che per il loro modo di vestire non sono degne di rispetto e vengono considerate delle puttane.

 

In un articolo dedicato ai fatti di Colonia e pubblicato sul Corriere del Ticino del 14 gennaio scorso, Marcello Foà ha scritto : “La folla è ricercata dagli uomini che praticano le molestie islamiche di gruppo (…) la folla aiuta a punire le donne non velate”.  Foà ha centrato il problema, e cioè che in futuro a essere esposte alle punizioni maschiliste e islamiste  saranno le donne non velate, le quale per garantirsi la sicurezza e  la libertà di movimento ( una libertà fondamentale messa in pericolo dai fatti di Colonia)  dovranno cominciare a velarsi, e dunque a sottomettersi al volere degli uomini. E’ proprio quanto è successo ad esempio in Egitto e in altri Paesi musulmani sotto l’influsso crescente dei fanatici Fratelli Musulmani e dei salafiti , dove fino a 40 anni fa le donne velate erano una rarità e oggi sono la regola. E anzi ora un numero crescente di queste donne sta passando dal semplice velo che copre il capo al niqab, che copre il viso. Questo sarà il destino delle donne europee, se non si interviene con soluzioni radicali e con dei divieti che serviranno a garantire a tutti ( anche alle musulmane) la libertà di movimento e la parità dei sessi.

“Nè sottomesse nè puttane”

 

Ecco perché anni fa in Francia alcune coraggiose donne musulmane che si rifiutavano di portare il velo e che erano stufe di essere molestate in strada dai loro correligionari , avevano fondato un’associazione denominata “Ni soumises ni putes” (“Né sottomesse né puttane”), per dire che il fatto di non indossare il velo e di rifiutare di sottomettersi in tal modo a un obbligo religioso non faceva di loro delle puttane.

 

 E mi è incomprensibile il fatto che certe femministe nostrane, invece semmai di battersi per l’emancipazione delle donne musulmane almeno in Europa , si aggrappino a tutte le giustificazioni possibili per difendere la libertà di indossare il velo, simbolo dell’oppressione maschilista, ma per paura di passare per razziste non hanno sentito l’impulso di reagire con il dovuto sdegno di fronte ai fatti di Colonia, di chiedere a viva voce l’adozione di misure drastiche come quelle proposte ad esempio da Angela Merkel, che dopo aver spalancato le porte a un milione di immigrati in un sol anno, adesso che i buoi sono usciti dalla stalla si dice favorevole a irrigidire i criteri di accoglienza e a espellere tutti gli stranieri che si macchiano di reati anche non gravi.  Come mai son quasi tutti  maschi ( a parte Iris Canonica sul Mattino della domenica del 17 gennaio e Nicoletta Togni sul Corriere del Ticino del 16 gennaio) i commentatori che sui vari giornali ticinesi sono insorti contro i fatti di Colonia ? Dov’è finita la signora Vera Pepita Conforti,  presidente della Commissione consultiva per le pari opportunità dei sessi, che al pari di altre donne del Coordinamento di sinistra si era scagliata con veemenza contro l’iniziativa antiburqa e perfino contro la legge di applicazione votata dal Gran Consiglio qualche mese fa ?

 

Ha scritto Aldo Cazzullo sul settimanale Azione del 18 gennaio scorso : “Colonia non è cronaca nera; è un attacco alla libertà europea. Certo, le molestie di gruppo non sono purtroppo una novità. Ma mai su questa scala, mai con questo disegno dichiaratamente razzista : “Attaccate la donna bianca” (…) . La libertà che è stata negata e vilipesa in una delle piazze simbolo dell’Europa non è meno cruciale della libertà di espressione colpita un anno fa in Francia. E’ la libertà della donna di uscire da sola, di vestirsi come preferisce, di scegliere liberamente  le persone da amare. Proprio per questo è grave che molti non si rendano conto o tentino di negare quel che è accaduto (…). Odiosi tentativi di minimizzare (…). Oppure ovvietà presentate come coraggiose professioni di fede” del tipo “non facciamo gli xenofobi, se il carnefice è straniero non cambia nulla, mica tutti i migranti sono molestatori o violentatori (…). Mentre qui siamo di fronte a un fenomeno del tutto nuovo (…)”.

 

Ed io sostengo che anche il porto del velo in Occidente è un gesto razzista che andrebbe proibito, in quanto il messaggio volontariamente o involontariamente  lanciato - a volte con una certa supponenza e  aria di superiorità -  dalle donne che lo indossano e che si sentono protette come in una corazza è il seguente : “noi siamo delle donne pure, le altre sono delle puttane meritevoli di essere molestate dagli uomini”.

 

Le donne occidentali dovranno velarsi per proteggersi ?

 

Se nulla cambierà, per proteggersi dai molestatori e stupratori di gruppo (che diventeranno sempre più numerosi in futuro anche grazie all’immigrazione di milioni di musulmani già irrimediabilmente radicalizzati e difficilmente integrabili ) le nostre donne dovranno prima o poi rassegnarsi a velarsi anche loro, e a vestirsi con abiti che nascondano le loro forme. E gli uomini occidentali resteranno  a guardare senza reagire ? E le femministe di sinistra accetteranno la sottomissione alle regole islamiche in nome di quel multiculturalismo che altro non è che un colonialismo alla rovescia ?

 

Gli uomini ebrei dovranno rinunciare alla kippah per proteggersi ?

 

Proprio di recente il Concistoro israelitico di Marsiglia, dopo che un insegnante ebreo che indossava la kippah era stato aggredito e  ferito da un musulmano curdo mentre si recava alla sinagoga,  ha invitato i fedeli della Comunità ebraica a non indossare questo copricapo in modo da non essere riconoscibili e da non essere aggrediti…Ma vi sembra normale che in una stessa società vi siano esponenti di una religione che debbono rinunciare per questioni di sicurezza a manifestare esteriormente la loro appartenenza religiosa, scoprendosi  il capo, ed esponenti di un’altra religione che invece per garantirsi la sicurezza e mettersi al riparo dalle molestie  devono manifestare esteriormente la loro appartenenza religiosa, coprendosi il capo   ? Cosa sta succedendo in Europa ? Non siamo forse nel bel mezzo di uno scontro di civiltà da cui rischiamo di uscire sconfitti ?

 

Per ripicca le donne velate saranno molestate fin quando rinunceranno al velo ?

 

E però, come la kippah permette di riconoscere un ebreo,  anche il velo islamico permette  di  riconoscere una donna musulmana , e potrebbe accadere che  questo segno di riconoscimento che ora serve a proteggersi dalle brame degli uomini finisca con il ritorcersi contro chi lo indossa. Difatti se gli attacchi da parte di musulmani radicalizzati alle donne senza velo dovessero ripetersi , potrebbe  darsi che, per ripicca o per una sorta di difesa delle loro donne,  gli uomini non musulmani  cominceranno a molestare, magari solo verbalmente,  le donne con il velo, fino a quando queste per non essere molestate e insultate si sentiranno più sicure togliendo il velo : tutto il contrario di ciò che succede nei loro Paesi di origine, dove il velo serve proprio a proteggerle ( ma per l’appunto in Occidente non ve n’è bisogno) . E così, senza più veli e segni di riconoscimento di tipo razzista,  la parità dei sessi sarebbe ristabilita, e le nostre donne sarebbero più al sicuro ( almeno dagli attacchi con motivazioni islamiste) .

La libertà di religione ha dei limiti, ad esempio se cozza contro la parità dei sessi  

 

Ora che il suo vero scopo razzista e sessista è stato smascherato, e ora che più nessuno ( si spera…) oserà paragonarlo con il velo portato dalle nostre nonne o dalle suore, sarebbe auspicabile che il velo islamico venga proibito in tutta Europa : non solo per evitare alle donne che non lo indossano di diventare il bersaglio di masse di fanatici, ma anche per evitare eventuali rappresaglie verso le donne che lo indossano. Questo pezzo di stoffa dall’apparenza innocua a cui si vorrebbe dare un significato religioso è in realtà una sorta di marchio  razzista e ideologico  che non c’entra con la libertà di religione , ma anche se c’entrasse vi sono comunque dei limiti pure alla libertà di religione, quando questa cozza contro altre libertà e diritti fondamentali, come ad esempio la parità dei sessi.

 

Blocco per i migranti maschi e soli dai 15 ai 35 anni di fede musulmana ?

 

Non si avrà il coraggio di fare questo passo ? E allora , se si vuol evitare che le nostre donne vengano molestate sessualmente e violentate perché agli occhi di quelle frange di maschi islamisti sessualmente repressi e con gli ormoni a mille non si adeguano ai dettami dell’Islam, l’alternativa è una sola : chiudere le porte dell’Europa ai migranti maschi e soli dai 15 ai 35 anni di fede musulmana, e dirottarli verso uno dei 57 Paesi islamici membri dell’OCI (Organizzazione della cooperazione islamica) che certo saranno felici di aprire le porte ai loro correligionari. Al loro posto si potrebbe ospitare un maggior numero di rifugiati arabo-cristiani, culturalmente più vicini alla nostra civiltà occidentale e dunque meno problematici.  Quindi non si tratterebbe di chiudere le porte a tutti i migranti, ma solo di operare una scelta selettiva  a scopo di prevenzione, dando la priorità a quelli meno problematici dal punto di vista dell’ordine pubblico : le famiglie, gli anziani, i cristiani.

 

Una misura urgente da adottare nei centri federali per richiedenti l’asilo

 

Una misura urgente da adottare in Svizzera sarebbe quella di modificare certe regole nei centri federali per richiedenti l’asilo. Attualmente, in base a un Regolamento  interno allestito dall’Ufficio federale della migrazione, gli ospiti di questi centri possono uscire tutti i giorni dalle 9 alle 18,  e durante i fine settimana (previo ottenimento di un permesso di congedo)  possono restare fuori dall’alloggio ininterrottamente  dal venerdì alle 9 fino a domenica alle 19, con facoltà di  muoversi in tutta la Svizzera !  

 

Onde prevenire fatti come quelli accaduti a Colonia e in altre città europee, fra cui Zurigo ( malgrado che a detta di molti in Svizzera l’integrazione funziona meglio…)  , il movimento del Guastafeste chiede che agli ospiti maschi e soli di questi centri in età dai 15 ai 35 anni, non sia data la possibilità (salvo casi particolari e motivati) di uscire liberamente per tutta la notte  al venerdì e al sabato né tantomeno di poter scorazzare in tutta la Svizzera (sto parlando di richiedenti l’asilo e non di asilanti : gente cioè la cui domanda di asilo è ancora all’esame e che non ha ancora ottenuto lo statuto di rifugiato, per cui una certa limitazione della libertà di movimento si giustifica).

 

Quando si sa che all’incirca il 70% degli immigrati (per lo più economici) che giungono in Europa sono uomini soli dai 15 ai 35 anni, e quando si sa che in questa fascia d’età gli ormoni sono alle stelle , qualcuno mi spiega come questi giovani uomini potranno sfogare le loro naturali pulsioni sessuali senza prendersela prima o poi con le donne occidentali, che per giunta in base alla loro cultura e alla loro religione sono considerate delle “tentatrici” per il loro modo di vestire e di atteggiarsi,  e delle poco di buono ? Non tutti si accontentano di praticare la masturbazione. C’è chi con le donne locali ci prova , molestandole in strada (come mi ha segnalato una signora di Losone che abita vicino al centro per richiedenti l’asilo) e c’é chi passa alle vie di fatto o da solo o in gruppo. Ma le femministe di sinistra schivano questo scottante argomento e quasi a giustificare l’ingiustificabile si limitano a dire che anche fra gli uomini occidentali vi sono dei molestatori e degli stupratori : il che è vero, ma al contrario di quanto avviene nel mondo musulmano (dove certa mentalità è piuttosto diffusa e condivisa) si tratta di eccezioni  che non trovano alcun riscontro o giustificazione nella religione o nella società , e che vengono punite severamente. E comunque non è una buona ragione per spalancare le porte dell’Europa a masse di altri stupratori e molestatori seriali. Forse una soluzione potrebbe essere quella di distribuire al loro arrivo delle bambole gonfiabili (ovviamente senza veli)  o dei biglietti d’ingresso per dei bordelli…sì lo so, è una provocazione, ma sono sempre in attesa che qualcuno avanzi delle proposte concrete, che non si limitino allo scontato “bisogna migliorare l’integrazione”…

 

 

“Taharrusch gamea” : il nuovo incubo per le donne non velate

 

Comunque sarebbe urgente una decisione di limitare le uscite notturne dei richiedenti l’asilo, visto che i festeggiamenti per il carnevale si avvicinano, e con essi anche le tentazioni di praticare nuovamente il “taharrush gamea”, ossia la barbara pratica messa in atto a Colonia e inaugurata  durante la Primavera araba al Cairo (in Piazza Tahrir) nel gennaio del 2011,  che consiste nel circondare con tre cerchi di uomini (ecco perché occorre il coinvolgimento di centinaia di uomini)  le donne che per il loro modo di vestire non sono degne di rispetto, molestandole sessualmente o stuprandole al centro di  quel girone infernale che impedisce qualsiasi aiuto dall’esterno. .

 

Volete vedere come funziona il “taharrush gamea” ? Allora cliccate qui e guardate i due video girati in Piazza Tahir al Cairo e a Colonia : se le urla della ragazza molestata a Colonia vi inorridiscono pensando che potrebbe trattarsi di una vostra figlia, di una vostra sorella, della vostra ragazza, potete sempre togliere l’audio.

 

 

                                                   Giorgio Ghiringhelli, fondatore del movimento del Guastafeste

 

 

*******************************************

Le risposte dei deputati

 

 Ho inviato questo articolo , in una versione leggermente diversa e più corta ma sostanzialmente uguale, anche a tutti i deputati del Gran Consiglio. Apriti cielo ! Ecco qui sotto alcune  stizzite risposte che ho ricevuto e che fucilano le mie proposte definite “aberranti” senza però avanzarne delle altre per risolvere il problema della sicurezza delle donne occidentali rispetto a quella parte dei migranti che si comporta in modo incivile. Da queste risposte si capisce che molti non hanno alcuna idea di cosa sia l’Islam e di quali siano le sue brame , le sue strategie di conquista dell’Europa e i suoi concetti della donna.

 

 E fa un po’ specie che i rappresentanti del Popolo, che spesso si lamentano dello “scollamento” esistente fra politici e cittadini,  che ricevono parecchie comunicazioni e documentazioni a scopo lobbistico,  che in taluni casi sono molto attivi nell’inviare a terzi ( specie alle redazioni degli organi di informazione) i loro comunicati e che nell’imminenza di elezioni solo molto attivi nel sollecitare i voti degli elettori  mediante l’invio a casa di volantini, santini ecc. ,  invitino il leader di un movimento politico ( che ha già fatto importanti battaglie a livello cantonale e che ha vinto pure dei ricorsi contro decisioni prese dal Gran Consiglio) a non più inviar loro alcuna corrispondenza ( fra l’altro non avevo chiesto niente a nessuno di loro dato che il mio invio era solo a scopo di conoscenza e non richiedeva una risposta ) : come se fossi uno di quei molestatori telefonici che vendono prodotti commerciali . A proposito di Islam : non conta niente il fatto che il Popolo ha dato ragione a me, e non al Gran Consiglio, sulla questione del velo integrale ? Temono forse il contagio delle opinioni ? Non sarebbe stato più semplice cestinare la comunicazione ritenuta sgradita o non interessante, anziché fare sfoggio di arroganza ?

 

Certo che, in un’Europa sempre più islamizzata,  se tutti i politici reagissero così a chi, avendo approfondito il tema da almeno 10 anni , cerca di far loro aprire gli occhi su certi aspetti dell’Islam che forse non conoscono , per le donne occidentali  sarebbe l’inizio della fine e prima o poi dovranno rassegnarsi a indossare tutte il velo – comprese quelle che ora tirandosi la zappa sui piedi  mi accusano di strumentalizzarle  per i miei scopi ( quali , di grazia ?) -  e a essere completamente sottomesse agli uomini (consiglio di leggere a tal proposito il libro “Sottomissione” di Michel Houellebecq, che spiega bene come potrebbe andare a finire…)

 

****

 

 

I° messaggio del 17.12.2016

 

Egregio signor Ghiringhelli,

non le nascondo che la sua comunicazione mi offende e molto.

Lei usa noi donne (le vostre donne?) per i suoi scopi che nulla hanno a che fare con la mia visione di una società civile e tollerante. I fatti di Colonia sono gravi, ma proprio per questo non vanno strumentalizzati.

Noi donne siamo maltrattate e molestate, esposte come quarti di bue sulle pagine dei nostri giornali e alla tv. La pubblicità sessista impera in tutto l'Occidente - anche con immagini che richiamano lo stupro collettivo - e lei ci usa per la sua guerra contro l'Islam? Se i maltrattamenti e le molestie delle donne fossero riconducibili ai soli migranti la nostra polizia cantonale non dovrebbe intervenire due volte al giorno per difenderci (interventi ogni 12 ore), inoltre in Ticino i reati contro l'integrità sessuale, tra il 2011 e 2012, sono raddoppiati. Mi rifiuto di essere strumentalizzata da lei! Per non parlare del suo concetto di integrazione. Corrisponde al suo concetto di integrazione la reclusione dei migranti maschi? Chieda in giro quante donne sono state molestate e da chi, fuori e dentro il carnevale. Uno studio aveva messo in evidenza che la maggior parte delle donne, compresa la sottoscritta, è stata molestata durante la sua esistenza con atti o parole (fischi, battute volgari e sessiste ecc.). In Europa ogni due o tre giorni una donna muore per la violenza maschile. Quindi la prego non ci usi come terreno di battaglia. Noi non siamo né le sue donne né le donne di nessun altro e pretendiamo il rispetto da tutti, che peraltro  lei non sembra accordarci.

Buona domenica

 

Avv. Michela Delcò Petralli  (I Verdi)

 

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

Egregio signor Ghiringhelli,

la invito a volermi togliere, da subito, dai suoi elenchi ed astenersi in futuro dall'inviarmi email o altre comunicazioni. Grazie mille. 

 

Matteo Pronzini  (Movimento per il socialismo)

 

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

Egregio signor Ghiringhelli

La invito cortesemente a togliermi, da subito, dai suoi elenchi, in quanto la strumentalizzazione a suo favore di fatti incresciosi e certamente perseguibili non può indurci a negare le responsabilità di una civiltà e cultura “occidentale” che nel tempo e tuttora è incapace di trovare soluzioni pacifiche a situazioni di conflitto estremo che, purtroppo, dovrebbero richiamare alla nostra mente quanto è avvenuto nel ventennio fascista e nazionalsocialista.

 

Saverio Lurati  (Partito socialista)

 

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

Egregio Signor Ghiringhelli,

Sottoscrivo quanto scritto dalla collega Michela Delcò Petralli: non abusi di noi donne e della nostra lunga strada per l'emancipazione per le sue strumentalizzazioni aberranti.

La prego di togliere il mio indirizzo dai suoi elenchi e di non più inviarmi comunicazioni, grazie.

 

Gina La Mantia (Partito socialista)

 

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

Giorgio. Quando dicevamo castronerie ci dicevano "ma ti se borlau ju dal cadregom!".  Da vecchio amico, e sai che ti ho stimato quale giornalista, ti rimando il detto. Non posso condividere il tuo pensiero e nemmeno le tue aberranti proposte. D'accordo sfruttare mal di pancia e populismo sono di moda, ma da qui a cadere nel baratro vi è un certo spazio ancora. Anche se rimarrai sulle tue posizioni mi sembra onesto e corretto esprimerti il mio pensiero. Un cordiale saluto. 


Germano Mattei (Montagna Viva)

 

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

Egregio signor Ghiringhelli,

le sue parole sono a dir poco offensive nei confronti di noi donne e sono anche la dimostrazione che anche in Canton Ticino il percorso per una reale emancipazione è ancora lungo da percorrere! I fatti di Colonia sono incresciosi e sono da condannare, ma non per questo devono essere strumentalizzati per la sua propaganda.

Infine la invito a volermi togliere dall’elenco delle sue comunicazioni.

 

Tatiana Lurati Grassi  (Partito socialista)

 

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

Mi associo alle opinioni già chiaramente espresse dalle colleghe in governo. Non credo serva dire altro!


Sara Beretta Piccoli (PPD)

(Presidente Cantonale Donne PPD)

 

(Nota di redazione : visto che non posso più inviare comunicazioni alla signora Beretta Piccoli, qualcuno vorrà spiegarle  la differenza fra Esecutivo e Legislativo, fra Governo e Parlamento ? )

---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

 

II° messaggio del 20.1.2016

 

Buongiorno, tolga anche me dalla sua lista. 

 

Avv. Michela Delcò Petralli

 

 

*******************************************-

 

 

La replica del Ghiro

 

Io rispetterò il desiderio di quei deputati e quelle deputate che non vogliono più ricevere comunicazioni dal sottoscritto. Ma in occasione di future elezioni chiedo ai loro partiti , per “par condicio”,  di non più inviarmi nè direttamente nè indirettamente ( tramite invii postali di massa) volantini e giornaletti elettorali in cui figurino fra i candidati uno o più di questi personaggi, altrimenti mi riterrò libero di inondarli di messaggi.  OK ?

 

Le “nostre” donne …e le femministe rancorose verso l’Occidente

 

Vorrei inoltre precisare, per buona pace di certe suscettibili femministe,  che quando scrivo “le nostre donne” non intendo ovviamente dire “nostre” in senso possessivo e maschilista, e cioè che sono esclusiva proprietà di noi uomini occidentali, bensì nel senso che appartengono alla nostra famiglia (mamme, figlie, mogli, sorelle, nipoti) , alla nostra società, alla nostra civiltà. E anche se nella nostra società non tutto è perfetto e molte cose restano da migliorare sul fronte della parità dei sessi e del rispetto della donna, sono altresì del parere che le “nostre” donne occidentali nulla abbiano da invidiare alle donne di altre civiltà, e che avrebbero tutto da perdere se la civiltà, o meglio l’inciviltà islamica basata sulla sharia , si radicasse in Europa, come sta succedendo grazie alla dabbenaggine di chi, al pari di Angela Merkel & Co,  in nome della tolleranza e dell’ospitalità ha spalancato le frontiere all’immigrazione di massa tirandosi la zappa sui piedi.

 

Se non credete al sottoscritto chiedetel una conferma alle numerose donne musulmane che in Occidente si sono rifugiate non a scopo di conquista (come sembra avvenire da qualche tempo dando ragione a quel politico algerino che una quarantina di anni fa aveva predetto : “vi conquisteremo con il ventre delle nostre donne”) ma per fuggire dalla tirannia dell’Islam e cercare quelle libertà sconosciute nei loro Paesi di provenienza; donne che una volta giunte da noi hanno potuto finalmente liberarsi dal velo e ora giustamente temono di cadere dalla padella alla brace.  Alcune di loro hanno scritto dei libri che tutte le nostre femministe radical-chic piene di rancore verso la società “sessista” occidentale, dovrebbero leggere.

 

 

Nella società musulmana chi non porta il velo è considerata una prostituta : parola della siriana Wafa Sultan

 

Visto che oggi l’Europa è confrontata in particolare con l’immigrazione siriana, per capire meglio la mentalità riguardo alle donne e al velo di questi migranti, ma non solo di loro,  consiglio di leggere il libro “L’Islam en question” di Wafa Sultan, nata nel 1958 in Siria e, nella sua veste di ginecologa, confrontata per anni al calvario delle donne musulmane, fino a quando è espatriata nel 1989 negli Stati Uniti,  dove attualmente esercita come psichiatra.  Leggendo quel libro edito nel 2009, cioè prima dello scoppio della rivolta contro Assad  fomentata soprattutto dai Fratelli musulmani (sempre loro…) ,  si capisce meglio la mentalità imperante nella società islamica. Sultan scrive ad esempio che quando era ancora in Siria aveva letto un libro di una dottoressa egiziana, intitolato “La donna è l’origine”  che aveva avuto un ruolo importante nella sua evoluzione critica verso l’Islam, perché “in una società che è convinta del fatto che secondo Maometto  la preghiera di un uomo deve essere interrotta quando una donna o un cane passano vicino a lui, dire che la donna è l’origine non è cosa facile per uno scrittore”.

 

La ginecologa aveva esercitato per qualche tempo la sua professione in un villaggio di montagna, Kinsebba. Nel suo libro descrive la diffusione delle aggressioni sessuali in quella località, di cui veniva a conoscenza grazie alle confidenze  delle sue pazienti . “Molte di loro – scrive - erano state violentate da membri della loro famiglia e dal loro padre. Le donne non sposate che erano messe incinta a seguito di uno stupro erano uccise non appena si scopriva la loro condizione, in modo da evitare la vergogna e lo scandalo. A volte lo stupratore e l’assassino erano la stessa persona”. A sentire certe donne velate che vengono intervistate dai nostri mass media , nessuna religione e nessuna civiltà ha mai               rispettato così tanto le donne come quella islamica : chi avrà ragione secondo voi ?

 

Ma, per rimanere in tema con la proposta di proibire il velo in Europa, ecco cosa scrive ancora la dottoressa siriana  : “Solo liberando le donne dalla loro ignoranza  si apriranno le porte che l’Islam gli ha sbattuto in faccia . E solo a quel momento avremo fatto un primo passo per sradicare il terrorismo islamista. Quando le musulmane  (ndr. il riferimento é a coloro che vivono in Occidente) saranno in grado di capire la differenza fra una decisione e una scelta, esse potranno rispettare le loro libertà anziché cantar le lodi della loro condizione di schiave. Il velo ha tenuto nascoste dal mondo intero le musulmane e ha eretto una barriera fra gli uomini e le donne di una stessa società; quando si affronta questo argomento le donne pretendono di essere state loro a decidere di coprirsi la testa e che tutti gli altri devono rispettare tale decisione. Si tratta forse di una loro decisione , ma certamente non di una loro scelta. E’ la paura che lega le donne dei paesi arabi a questi insegnamenti”.

 

Dopo una pausa dedicata alle punizioni riservate da Allah alle donne e descritte da Maometto in un suo hadit (cioè un “detto”),  Wafa Sultan si chiede come possa una donna musulmana rifiutare di coprirsi la testa se crede che Allah la punirà con torture spaventose. “Ella non potrà liberarsi dal velo – osserva – fino a quando non si sarà liberata dalla sua paura (…) . Ma se coprirsi la testa è una decisione personale che il mondo deve rispettare, allora ci si deve porre un’altra domanda : l’Islam rispetta la decisione delle donne che non si coprono la testa ? (…) Una musulmana  che si rifiuta di indossare il velo è trattata con rispetto nella società islamica o paga cara questa sua decisione ?”. Sultan racconta che durante un suo viaggio nel 2007 su una piccola isola siriana aveva notato che praticamente tutte le donne indossavano il velo, e quando aveva chiesto una conferma alla sua guida maschile si era sentita rispondere “Sì tutte le donne si coprono il capo ad eccezione delle prostitute”. Ed ecco cosa scrive in proposito nel suo libro : “Questa risposta non faceva che riflettere una realtà  che tutte le donne che vivono in una società musulmana cercano di evitare. Ecco una delle ragioni principali per cui le donne indossano l’hijab (il velo) . Una donna preferisce coprirsi la testa piuttosto che essere paragonata a una prostituta”.  

 

 

Alla base del terrorismo sessuale di massa vi è l’Islam : se non si corre ai ripari con soluzioni drastiche lo scontro di civiltà è alle porte…

 

Commetto una “strumentalizzazione aberrante” se collego quanto scrive la musulmana Wafa Sultan con quanto successo a Colonia e se sostengo che anche alla base di questo terrorismo sessuale di massa vi è l’Islam ? Dobbiamo renderci conto che l’immigrazione musulmana sta portando in Europa milioni di  uomini e donne provenienti da una società profondamente e forse irrimediabilmente radicalizzata, e incompatibile con la nostra società e la nostra civiltà, e se non si interviene con misure drastiche (non basta espellere chi non rispetta le nostre regole, occorre anche ridurre in modo selettivo  l’afflusso di migranti, dando ad esempio la precedenza a cristiani e famiglie , che creano meno problemi rispetto a islamisti che odiano l’Occidente e uomini soli e bramosi di sesso ) lo scontro di civiltà diventerà inevitabile.

 

 

I ghetti  voluti dagli islamisti e un’integrazione di massa impossibile

 

 Occorre  fare di più sul fronte dell’integrazione,  come sostengono coloro che vogliono schivare  il nocciolo del problema ? Facile a dirsi, difficile a farsi. L’integrazione è possibile se l’immigrazione è contenuta nei numeri ed é ben scaglionata nel  tempo o quando si ha a che fare con bambini cresciuti qui e che non hanno ancora subito un lavaggio del cervello. Ma quando si ha a che fare con flussi di milioni di persone adulte e già indottrinate, qualsiasi integrazione diventa quasi impossibile. Oltretutto uno dei padri spirituali dei Fratelli Musulmani , Youssef al-Qaradhawi, fautore dell’obbligo per gli uomini di portare la barba e per le donne di portare il velo, nella sua opera “Priorities of the Islamic Movement” ha incitato i musulmani a creare dei ghetti in Occidente, all’evidente scopo di sviluppare delle società parallele in cui far valere le regole islamiche basate sulla sharia. Quindi come si può integrare chi non vuol essere integrato e anzi mira a  integrare nella loro società islamica, con le buone o con le cattive  (come Colonia insegna) ,  gli occidentali  ?

 

E quindi con certe premesse come si può parlare di integrazione quando ad esempio in Svizzera nel 2015 sono arrivati 40'000 richiedenti l’asilo in grande prevalenza di fede musulmana e di origine africana e asiatica (cioè culture, lingue e religione completamente diverse dalla nostra) ,  corrispondenti agli abitanti di tutti i 9 Comuni dell’agglomerato locarnese fra Brissago e Minusio ? E’ come se ogni anno in Svizzera si creasse un’intera città – una vera e propria Babilonia - composta di migranti. Per un anno può anche andar bene, ma alla lunga il sistema scoppia (dal punto di vista organizzativo , logistico e finanziario) e l’integrazione diventa impossibile, favorendo proprio la creazione di  ghetti ( come quello del famigerato quartiere di Molenbeeck a Bruxelles o delle banlieues parigine )  e la crescita di sentimenti xenofobi fra la popolazione , che anche per questo motivo vota sempre meno in tutta Europa per gli autolesionisti partiti rossoverdi fautori di un’immigrazione di massa incontrollata e incontrollabile. E poi i Verdi spalancatori di frontiere , come la signora Michela Delcò Petralli, ci devono spiegare come si concilia tutto ciò con certi principi a loro cari quali la protezione dell’ambiente e   la non cementificazione del territorio.   Li ospitiamo tutti in tenda ?

 

Un divieto del velo  potrebbe essere sinonimo di libertà per molte donne

 

L’Occidente deve rendersi conto che può giocare un ruolo decisivo nel liberare le donne musulmane dalla schiavitù del velo, anche nell’interesse della nostra società che per motivi di sicurezza e di pacifica convivenza non può permettersi di chiudere un occhio in nome della libertà di religione sulla radicalizzazione religiosa di ampie fasce della sua popolazione.

 

 Mai come in questo caso un divieto potrebbe aiutare a rendere liberi. Lo aveva capito Mustafa Kemal Atatürk dopo la caduta dell’impero ottomano alla fine della prima guerra mondiale, che, contrariamente a quanto sta facendo ora l’islamista Erdogan , aveva cercato di dare un’impronta laica e moderna alla Turchia, bandendo ad esempio nel 1925 il tradizionale copricapo indossato dagli uomini (il fez) e vietando il velo nelle scuole, nelle università e negli uffici pubblici. Lo ha capito la Francia che nel 2004, allo scopo di arrestare soprattutto la diffusione del velo, aveva introdotto un divieto di esibire simboli e abiti religiosi nelle scuole. Lo ha capito la Corte europea dei diritti dell’uomo, che negli scorsi anni aveva respinto dei ricorsi contro questi divieti presentati da allieve della Turchia ( cioè di un Paese islamico!) e della Francia. Non sembra invece averlo capito il nostro Tribunale federale, che nello scorso mese di dicembre aveva giudicato illegale il divieto di indossare il velo islamico a scuola emesso dalle autorità comunali di St. Margrethen  (San Gallo).

 

E però un bell’esempio del fatto che un divieto generalizzato del velo potrebbe aiutare a rendere liberi lo si è visto in una trasmissione andata in onda al Quotidiano del 14 gennaio scorso, nell’ambito di un servizio che aveva preso lo spunto dai fatti di Colonia. Ad un certo punto , nascondendo il suo volto, è stata intervistata una ragazza islamica residente in Ticino, la quale ha detto che per non essere costretta a portare il velo a scuola – cosa che la faceva sentire diversa dalle sue compagne di classe (non favorendo così la sua integrazione ) - aveva dovuto mentire ai suoi genitori dicendo loro che a scuola era vietato portare il velo.

 

Le donne velate sono le soldatesse degli islamisti anti-Occidente

 

Eh già : quando il sottoscritto nel 2010 aveva presentato al Gran Consiglio una petizione (che riproponeva un’analoga proposta presentata nel Canton Friburgo da una deputata socialista…) con la quale a difesa della parità dei sessi si chiedeva di vietare il velo nelle scuole (ovviamente creando una legge come base legale) , i nostri bravi deputati politicamente corretti ma in gran parte assolutamente ignoranti in materia di Islam avevano respinto la proposta con la motivazione che “solo” una ventina di allieve lo indossavano. Sono una ventina di troppo, cari deputati e soprattutto care deputate, e la responsabilità della possibile radicalizzazione futura di queste e altre poverette sarà soprattutto vostra.

 

E’ forse utile ricordare che a Winterthur, dove lo scorso anno 5 adolescenti avevano abbandonato le loro famiglie per andare a raggiungere in Siria i combattenti dell’ISIS, le autorità comunali avevano assoldato  degli specialisti esterni incaricati di formare gli insegnanti su come fosse possibile  avvistare i primi segni di radicalizzazione fra gli allievi , e fra questi indizi preliminari era stato citato l’esempio di una giovane che improvvisamente  si presentava a scuola con il velo islamico.

 

Quindi il velo islamico non è un semplice pezzetto di stoffa, ma è un chiaro segno di radicalizzazione, e chi lo porta diventa inconsapevolmente o no propagatrice di idee e atteggiamenti antioccidentali, una sorta di soldatessa delle armate islamiste che puntano alla conquista dell’Occidente. Ecco perché vi sono imam che addirittura pagano  le ragazze musulmane per indossare il velo, usandole così strumentalmente per propagandare l’avanzata dell’Islam.

 

 

                                                                                                                     Giorgio Ghiringhelli