di Giorgio Ghiringhelli


IL MOVIMENTO POLITICO CHE NON MOLLA MAI L'OSSO
Giorgio Ghiringhelli
Via Ubrio 62

6616 Losone

 

 

 

 

Losone, 1 settembre 2003


Lodevole
Consiglio di Stato

6500 Bellinzona

                      Istanza di revisione e d’intervento urgente

Istante : Giorgio Ghiringhelli, Via Ubrio 62, 6616 Losone

Motivo : revisione della decisione del CdS del 19.8.03 in merito alla discarica abusiva sul mapp. 449 del

Patriziato di Losone, in particolare per quanto concerne la cattiva amministrazione del Patriziato.

 

1. Introduzione

Il Consiglio di Stato ha finalmente risposto a una mia istanza d’intervento del 22 settembre 1998 con la quale denunciavo una serie di abusi in merito alla costruzione e alla gestione della discarica comunale della Carlescia , realizzata sul mappale no. 449 RFD di Losone di proprietà del Patriziato (zona presso il golf e l’area industriale).

 

Il Consiglio di Stato ( CdS) ha riconosciuto le infrazioni ( in relazione alle dimensioni dello scavo e al deposito di rifiuti edili) commesse dal Municipio e dal Patriziato in quello che il Corriere del Ticino aveva definito all’epoca (cfr. "Il Corriere del 22.9.98") "il più grave abuso del genere registrato in Ticino nell’ultimo decennio", ma allo stesso tempo non ha ravvisato una cattiva amministrazione da parte del Patriziato per quanto riguarda l’aspetto secondario ma pur sempre importante relativo al commercio degli inerti estratti dallo scavo in parte abusivo ( da questo punto di vista, secondo il CdS, gli abusi constatati non avrebbero leso gli interessi patriziali).

Scopo della presente istanza è quello di dimostrare che invece

cattiva amministrazione c’è stata e che la ditta che ha eseguito gli scavi abusivi (la Silo Melezza) si è arricchita alle spalle del Patriziato che ha raccolto solo le briciole. Di conseguenza si chiederà pure che la ditta in questione restituisca al Patriziato i frutti dell’illecito guadagno. All’epoca degli intrallazzi descritti nelle prossime pagine il pacchetto azionario della Silo Melezza SA era di proprietà (in ragione di un sesto ciascuno) dei signori Leonardo Pinoja (municipale di Losone dal 1996), Gabriele Pinoja (neoeletto in Gran Consiglio ), avv. Salvatore Pinoja (eletto nel marzo del 2003 in seno all’Ufficio patriziale di Losone e successivamente nominato presidente del Golf patriziale delle Gerre), Patrick Pinoja (consigliere comunale di Losone dal 2000), Daniele Pinoja e Marco Pinoja. Tutti rigorosamente patrizi di Losone.

 

Ma prima di entrare nel merito mi sia concesso esprimere qualche considerazione.

 

Un ritardo inammissibile

 

E’ inammissibile che il Consiglio di Stato abbia impiegato 5 anni per rispondere alla mia istanza di intervento, quando invece già dopo due mesi dalla mia prima denuncia la Sezione protezione Aria e Acqua (SPAA), accertata la gravità della situazione e il pericolo di inquinamento della falda di acqua pregiata, ordinò la rimozione del materiale abusivamente depositato e la successiva chiusura della discarica. Se fosse intervenuto in modo più energico e tempestivo, non solo avrebbe dato modo al Ministero Pubblico di intervenire per le sue incombenze prima che le infrazioni di carattere penale andassero in prescrizione, ma forse avrebbe anche evitato che quegli stessi amministratori del Patriziato che avevano favorito con il loro silenzio e la loro mancata vigilanza ogni sorta di abusi sui loro terreni, fossero gli stessi che un paio d’anni dopo presentarono un deficit di 5-6 milioni di franchi (su un preventivo di 13,7 milioni) nella costruzione di un golf. E forse avrebbe anche evitato che qualche mese fa un azionista della Silo Melezza (l’avv.Salvatore Pinoja), cioè della ditta che ha lucrato su migliaia di metri cubi di inerti illecitamente estratti dai terreni patriziali, venisse "premiato" dal popolo patrizio con la sua nomina in seno all’Ufficio patriziale (è vero che primo proponente è stato un funzionario della Sezione degli enti locali ?) e successivamente alla presidenza del golf patriziale.

 

4 segnalazioni scomparse!

 

E’ pure inammissibile e preoccupante, e meritevole dell’apertura di un’inchiesta, quanto successo a livello di Ministero pubblico. Solo nel dicembre del 2002, con colpevole ritardo, la Sezione degli enti locali (SEL) si è ufficialmente rivolta al Ministero pubblico chiedendo che lo stesso prendesse posizione su eventuali implicazioni di carattere penale per infrazioni alla Legge federale sulla protezione delle acque. Va rilevato che a quel momento la discarica era già stata risanata e chiusa da un pezzo , per cui al Procuratore pubblico Nicola Respini non è rimasto altro che emettere in data 5 giugno 2003 un decreto di non luogo a procedere. Nel decreto si rilevava che, pur non essendoci stata nessuna messa in pericolo delle acque della falda freatica sottostante (ndr. cosa che appare quanto meno discutibile alla luce di quanto riferirò nelle pagine seguenti), si poteva rimproverare al Municipio e al Patriziato il fatto di non aver rispettato le condizioni poste dal Cantone : "una contravvenzione – si legge nella lettera del CdS in cui si cita il decreto del procuratore pubblico - di per sé punibile penalmente entro un anno dalla commissione del reato ( ndr. cioè entro un anno dalla mia prima denuncia del 15 settembre 1998) ma la cui azione penale sarebbe comunque ormai prescritta". L’aspetto grave e preoccupante è che nello stesso decreto – stando a quanto riferito dal CdS nella sua lettera del 19 agosto scorso - si motiva il mancato tempestivo intervento da parte del Ministero pubblico con il fatto che allo stesso non era mai giunta alcuna denuncia o alcuna segnalazione. Senza farne alcuna colpa al PP in questione, che non ha certo avuto vita facile nel dover ricostruire i fatti a 5 anni di distanza ma che forse avrebbe fatto meglio a interpellarmi quale teste prima di prendere una decisione, contesto decisamente che non vi siano state delle segnalazioni. Ce ne son state ben quattro in cinque mesi!

Infatti già il 17 settembre 1998 il capo della SPAA, dott. Mario Camani, dopo aver preso atto del rapporto di costatazione steso il giorno prima da un funzionario dell’Ufficio impianti di depurazione e rifiuti (il quale, data la gravità della situazione, aveva proposto di segnalarla all’autorità giudiziaria per inquinamento delle acque ), scrisse al Municipio ordinandogli di sospendere qualsiasi attività nell’area della discarica, e ciò "vista la gravità della situazione venutasi a creare, considerato che sono state in modo manifesto disattese le disposizioni rilasciate nell’autorizzazione cantonale no. 70452 del 14 luglio 1992 e che il materiale depositato potrebbe inquinare la falda, che nella zona risulta pregiata ai fini di un approvvigionamento in acqua potabile". Camani aggiunse che "tenuto conto della gravità della situazione il caso viene segnalato, con l’invio di copia della presente, all’autorità giudiziaria per le sue incombenze". E perché, dinnanzi a una segnalazione così allarmante e proveniente da un alto funzionario del Cantone, il Ministero pubblico non si è mosso ? E perché ora si dice che non vi è più traccia di quella segnalazione ?

Ma non è tutto. Mi risulta che pure la decisione della SPAA del 27 novembre 1998 (decisione di risanamento della discarica ) sia stata trasmessa dalla stessa al Ministero pubblico per conoscenza : e perché nel decreto 5 giugno 2003 del PP Nicola Respini si sottolinea che al Ministero non è mai giunta copia per conoscenza di quella decisione ? E non è finita. Il 14 dicembre 1998 inviai al Ministero Pubblico (con copia alla Polizia cantonale, al Municipio di Losone e alla polizia comunale) una segnalazione intitolata "Minacce telefoniche" nella quale fra l’altro scrivevo : "da alcuni mesi investigo in qualità di consigliere comunale su discariche e scavi abusivi effettuati in territorio di Losone, quasi sempre su terreni di proprietà del Patriziato, da persone, ditte e società che direttamente o indirettamente hanno legami con alcune autorità che siedono in Municipio e in Consiglio comunale. Trattasi di "operazioni" che durano da almeno 20-30 anni e sulle quali sarebbe utile indagare per capire dove sono andate e dove vanno a finire le ingenti somme che da queste operazioni derivano. Qualora si ritenesse utile avviare delle indagini sarò ben lieto di mettere a disposizione le numerose informazioni da me raccolte. Per ora mi limito ad allegare a questa segnalazione una serie di articoli apparsi negli ultimi tempi in merito alle mie denunce". Neppure a quel momento qualcuno si mosse.

Inoltre, pochi mesi dopo ( il 19 febbraio 1999), inviai all’allora Procuratore Generale Luca Marcellini una segnalazione dall’esplicito titolo "Fatti di rilevanza penale a Losone" accompagnata da un mio giornaletto nel quale descrivevo gran parte delle cose riportate in questa istanza : ma anche quella volta nessuno intervenne e pure questa segnalazione sarebbe sparita.

Ben quattro segnalazioni ( due dalla SPAA e due da me) giunsero alla Procura nello spazio di cinque mesi e non solo nessuno si mosse ma ora si emette un decreto di non luogo a procedere nel quale si afferma che al Ministero pubblico non era giunta alcuna segnalazione sui fatti in questione. Tutto ciò è di una gravità inaudita : si fa peccato a pensar male ?

 

2. Cronistoria

Fatte queste considerazioni, e prima di entrare nel merito di questa istanza d’intervento, val forse la pena di raccontare con ordine quanto successo, non solo per una miglior informazione della Sezione enti locali ,del CdS e di chi ci legge in copia, ma anche nel tentativo di dimostrare che in tutta questa storia non vi è solo stata mancanza di vigilanza per distrazione o negligenza da parte di chi avrebbe dovuto vigilare, ma pure un probabile coinvol-gimento attivo e passivo da parte di membri dell’Autorità che in parte dovevano sapere e tacevano e in parte traevano profitto dagli abusi riscontrati : un sospetto, questo, confortato da numerosi indizi e dati di fatto , e sul quale la Sezione enti locali (SEL) non ha mai ritenuto di indagare o anche solo di fare qualche approfondimento che avrebbe potuto scoperchiare una pentola pronta a esplodere e portare a una destabilizzazione del Comune e del Patriziato di Losone (art. 197 e 198 LOC + art. 133,134 e 135 LOP). 

Tutto ebbe inizio nel 1984 quando il Municipio presentò una domanda di costruzione per la realizzazione di una discarica di classe I e II con una capienza di 33'000 metricubi in località Carlescia, sul mapp. 449 di proprietà del Patriziato, con dissodamento di 9'450 mq di bosco.

Dopo lunghe trattative, il 28.9.90 la SPA formulò preavviso favorevole alla realizzazione di una discarica solo di classe I (cioè destinato unicamente a materiale di scavo composto di terra e roccia e non di materiale edile). Nel preavviso si specificava che la responsabilità per una corretta gestione della discarica sarebbe stata dell’Ufficio tecnico e del Patriziato : il Municipio dal canto suo era invitato a esercitare le funzioni di polizia locale (art. 8 LALIA) e a notificare al Dipartimento ogni violazione della legislazione concernente l’inqui-namento delle acque. Scriveva inoltre la SPA (allora solo Sez. protezione acque) : "Qualora la gestione della discarica non dovesse corrispondere a quanto previsto nel progetto, sia per quanto riguarda la qualità del materiale depositato e sia per quanto attiene al rispetto dei piani di progetto inoltrati, la SPA proporrà al Dipartimento la sospensione di ogni e qualsiasi attività in discarica". Uomo avvisato..

 

Abuso edilizio e scavo senza concorso

Il 14 luglio`1992 il Cantone rilasciò l’autorizzazione a costruire una discarica destinata a ospitare solo materiale di scavo composto di terra e roccia. Le dimensioni della discarica dovevano essere le seguenti : un volume di 12'000 metricubi e una profondità di 3 metri. In realtà, come vedremo più innanzi, venne poi effettuato uno scavo del volume di ca. 20'000 mc e profondo 5,5 metri (i a contatto con l’acqua di falda), e successivamente ne venne effettuato nei paraggi un altro completamente abusivo di ca. 3'000 mc. La licenza edilizia comunale seguì il 24.7.92.

A partire da quel momento il Municipio se ne lavò le mani e non si occupò più di quel che avveniva su quel terreno, e con esso pure l’Ufficio tecnico (UT). A quell’epoca (fino al 1996) il capo dicastero delle opere pubbliche da cui dipendeva pure l’UT era Innocente Pinoja, grande capo della famiglia Pinoja proprietaria-azionista della ditta Silo Melezza (specializzata nell’estrazione e nella lavorazione di inerti), e quindi parte interessata.

Nel 1993 il Patriziato decise di avviare i lavori di scavo per la realizzazione della discarica, ma anziché mettere a concorso l’opera o anziché chiedere una deroga a tale obbligo al Cantone, come prescritto dalla Legge organica patriziale (LOP), affidò il lavoro direttamente alla Silo Melezza sulla base di una convenzione sottoscritta il 18.10.93 la quale prevedeva il versamento al Patriziato di 40'000 franchi a titolo di indennità per il reimpiego del pregiato e ricercatissimo materiale alluvio-nale estratto. Si osserva – come diremo più avanti entrando nel merito di questa istanza - che se il lavoro fosse stato messo a concorso il Patriziato avrebbe potuto incassare assai di più (almeno 70'000 franchi) e comunque l’accordo fuorilegge era basato su uno scavo di 12'000 mc e non quasi del doppio!

E così i lavori ebbero inizio e la Silo Melezza, già favorita dalla mancanza di un concorso, pensò bene di incrementare i guadagni a scapito dei patrizi scavando molto più del consentito e commettendo fra l’altro un abuso edilizio grande come una casa. Notasi che la legge edilizia cantonale (art. 44 e 46) prevede sanzioni pecuniarie entro un anno dall’accertamento dell’abuso e, nei casi gravi in cui gli autori hanno agito intenzionalmente o per fine di lucro (come nel caso in questione) anche una contravvenzione che può superare i 10'000 franchi. La SEL è invitata a indagare se il Municipio ha applicato queste disposizioni, e in che misura.

 

Chi doveva sapere ?

Bisognerebbe essere caduti dal seggiolone da piccoli per non credere che a quell’epoca almeno un municipale – Innocente Pinoja - sapesse quanto stava accadendo sul luogo degli scavi, e data la sua vicinanza alla Silo Melezza (due suoi figli – Gabriele e Leonardo - sono azionisti e il defunto fratello era presidente del CdA) è comprensibile che egli non avesse interesse a vigilare e denunciare ciò di cui doveva essere al corrente. Meno logico è che il presidente del Patriziato, Virgilio Conti (il quale per inciso fino a poco tempo fa abitava in affitto in una casa di proprietà della famiglia Pinoja), ed il segretario del Patriziato Virgilio Bianda, che pure dovevano essersi accorti di quanto stava avvenendo sui terreni patriziali, non siano intervenuti a denunciare l’asportazione illegit-tima di beni patrimoniali affidati dai patrizi alla loro cura : l’interesse della Silo Melezza a commettere l’abuso era chiaro ( far soldi), ma loro che interesse potevano mai avere a non intervenire ?

 

All’epoca della convenzione con la Silo Melezza in seno all’Ufficio patriziale sedevano pure il vicepresidente Luigi Giroldi (in Municipio dal 1996) e Massimo Fornera (in Municipio dal 1996 al 2000 quale capo dicastero delle opere pubbliche) : ecco altri due municipali di cui è difficile credere che non sapessero niente al momento in cui , nel 1998, denunciai gli abusi. Un altro ancora che avrebbe dovuto sapere era Leonardo Pinoja (in Municipio dal 1996, capodicastero della polizia fra il 1996 ed il 2000), uno dei sei azionisti della Silo Melezza. E il sindaco, avv. Enrico Broggini ? Beh, nei due anni precedenti la mia denuncia egli era troppo impegnato a ingraziarsi i suoi colleghi e a cercare di convincerli a far affittare dal Comune una sorgente di sua proprietà al modico canone di circa 80'000 franchi all’anno per una durata di 60 anni, nonché a trasferire il suo ufficio legale e notarile da Locarno (città da lui sprezzantemente definita "buco della ciambella") a Losone, in uno stabile di proprietà della famiglia Pinoja.

Il triangolo Silo Melezza-Patriziato-Municipio

 

Da questi intrecci di interessi di vario tipo è facile capire perché Municipio e Patriziato non si pestavano i piedi a vicenda (in nome della tanto decantata "buona collaborazione" tirata in ballo in ogni occasione, anche per giustificare il regalo di un milione di franchi che il Municipio nel 2001 voleva fare al Patriziato per tappare i buchi del golf) e non li pestavano alla Silo Melezza degli influenti patrizi Pinoja. All’epoca di questi fattacci ben sei municipali su sette erano patrizi (fra cui il sindaco e il vicesindaco) e in Municipio sedeva il vicepresidente del Patriziato : ci si potrebbe chiedere se sia opportuno che una persona possa stare contemporaneamente in un Ufficio patriziale e in un Municipio e se non sarebbe meglio evitare quella commistione d’interessi che in determinati casi potrebbe creare situazioni poco ortodosse (come faceva il vicepresidente del Patriziato, Giroldi , a vigilare sul Patriziato in veste di municipale ?) .

Molte delle vicende torbide venute a galla negli ultimi anni a Losone sono proprio dovute alla mancanza o all’insufficienza di controlli di municipali patrizi nei confronti di tutto quel che aveva a che vedere con il Patriziato (un Patriziato che è fra i più ricchi del Cantone e proprietario di mezza Losone, e si sa che dove girano troppi soldi poi si creano centri di potere e interessi che se non vengono controllati a dovere possono dar origine a un senso di onnipotenza e di intoccabilità che può portare a fare strane cose ).

 

Rifiuti edili su una falda pregiata (reato penale)

 

Ma torniamo allo scavo. Portato a termine il gigantesco buco di 20'000 mc profondo 5,5 metri cioè quasi il doppio del consentito (vicino all’acqua della falda pregiata, laddove la ghiaietta di quella zona non a caso definita "Gerre" era più preziosa) la discarica entrò in funzione nel 1996 . Per accedervi occorreva aprire una sbarra chiusa con un lucchetto e la cui chiave era custodita dalla Cancelleria patriziale, cioè dal segretario Virgilio Bianda. E qui iniziò un nuovo triste capitolo di questa scandalosa vicenda : quello del deposito in discarica di materiale edile espressamente vietato dal Cantone al momento di rilasciare il permesso di costruzione e potenzialmente pericoloso per la falda di acqua pregiata. Fu insomma bellamente infranta la Legge federale sulla protezione delle acque. Un reato di tipo penale !

Da quei depositi abusivi il Patriziato incassò 4’845 franchi nel 1996 e 6’127 nel 1997. Nel 1998, dai conti consuntivi del Patriziato si apprende che l’incasso per "tasse di discarica + estrazione" fu di 31'190 franchi : non so esattamente a cosa si riferisca la voce "estrazione", ma c’è da presumere che, dopo le mie denunce, il Patriziato abbia tentato di correre ai ripari incassando a posteriori una certa somma a titolo di compensazione per la sottrazione degli inerti da parte della Silo Melezza o per la vendita dei "boccioni" provenienti dal secondo scavo abusivamente effettuato nel 1998 (come diremo in seguito), e ciò allo scopo di poter giustificare che non v’è stata cattiva amministrazione e che il Patriziato è intervenuto a difesa degli interessi patriziali.

Ma siamo certi che ci sarebbe stato quell’introito senza le mie denunce, visto che tanto il presidente quanto il segretario avevano negato di essere al corrente sia del secondo scavo abusivo e sia del traffico di boccioni ? E quell’introito è stato comunque sufficiente a indennizzare i patrizi per il valore del materiale sottratto ? La mia risposta è no. Difatti in caso di regolare concorso i patrizi avrebbero potuto incassare circa 18'000 franchi per i 3'000 mc del secondo scavo, ma in questo caso non vi son stati né un concorso né una convenzione, per cui chi ha tentato di fare il furbo trafficando con quel materiale deve restituire o tutto il materiale o tutto il guadagno che, al netto delle spese, ammonta ad almeno 65-70'000 franchi per la vendita della terra e verosimilmente ad alcune decine di migliaia di franchi per la vendita dei boccioni (più ovviamente l’illecito guadagno derivante dal primo scavo effettuato negli anni 1994-1995).

E comunque il maldestro tentativo di "mettere una pezza" in punta di piedi e senza denunce su quanto di illegale era avvenuto – sempre che di ciò si tratti - , attutirebbe solo minimamente le responsabilità di chi doveva controllare e non l’ha fatto , di chi doveva tutelare gli interessi patriziali e l’ha fatto even-tualmente solo tardivamente e solo parzialmente, e di chi ha provato a fare il furbo e ha commesso gli abusi a scopo di lucro.

Sarebbe poi interessante sapere come funzionava il sistema di controllo, di fatturazione e di incasso di tutto il materiale che finiva in discarica. Difatti se il Patriziato incassava mediamente 5-6’000 franchi all’anno per le tasse di discarica e se in quasi tre anni di attività, come è stato accertato dal Municipio, in quella discarica erano finiti circa 3'000 mc di materiale, ciò significherebbe che la tassa per il deposito ammontava a circa 6 franchi al mc (contro i circa 14 franchi richiesti dai gestori di altre discariche destinate ai rifiuti edili) oppure che qualcuno si serviva gratuitamente della discarica : e in un caso o nell’altro ci sarebbe da chiedersi se venivano fatti gli interessi dei patrizi.

Una piccola chicca : nel messaggio sui conti preventivi per il 1994 che l’Amministrazione patriziale sottopose il 9 dicembre 1993 all’assemblea dei patrizi, prima di avviare i lavori di scavo per la discarica ( e nessuno dei presenti si preoccupò di sapere se tali lavori sarebbero stati messi a concorso), si leggeva : "Il Patriziato ha ottenuto dalle competenti autorità la necessaria licenza per aprire una discarica controllata (sic!) di classe 1, dotando così il Comune di una deponia per materiale da demolizione (sic!) o simili. Oltre a risolvere un problema, forse non troppo sentito in momenti di recessione economica come quelli che stiamo purtroppo attraversando, tale struttura porterà sicuramente nuove regolari entrate alle casse patriziali". No comment !

La Benneselna SA e la Gildi SA

Dalle verifiche fatte succes-sivamente emerse che in quasi tre anni erano stati depositati ca. 3'000 mc di materiale e che a servirsi della discarica erano il Patriziato , il Comune ( con soli. 20 mc di terra proveniente dal cimitero di Losone…), le imprese di Losone Guerini Edoardo e Fornera Agostino e la ditta Benneselna SA. Quest’ultima società merita un discorso a parte. All’epoca, quale amministratrice unica risultava essere Mariagrazia Peri, di Cavigliano, membro del CdA della Silo Melezza, segretaria dell’avv. Salvatore Pinoja e allora amministratrice unica della Gildi SA .

 

E qui va aperto un inciso . La Gildi SA era una società con recapito postale presso Innocente Pinoja che fra il 1995 ed il 1998 realizzò una discarica abusiva su un terreno in zona non edificabile vicino al confine con Golino, dove vennero depositati ca. 2'000 mc di materiale di scavo anziché i 150 mc di terra vegetale per un vigneto previsti dalla licenza edilizia : abuso da me scoperto e denunciato nel giugno del 1998 e risanato con la rimozione del materiale abusivo alla fine di quell’anno. Il 23 novembre 1998, rispondendo a una mia istanza d’intervento su questo "fattaccio", la SEL riconobbe che nel frangente il Municipio aveva "mancato di incisività nei riguardi dell’utente; esso ha atteso con troppa pazienza che il proprietario si rimettesse entro i canali di legalità, concedendogli larghi tempi, il che ha permesso l’aggravarsi della situazione abusiva". Anche allora, come oggi, la SEL era però arrivata alla conclusione che non si poteva parlare di vera e propria cattiva amministrazione, perché "bisogna ritenere che il compito municipale di vigilanza è reso particolarmente arduo quando vi sono utenti quali quelli in discussione che nonostante gli interventi dell’autorità comunale persistono ad oltranza in comportamenti abusivi". La SEL dopo aver sottolineato che vi era stata una collisione d’interesse come tale censurabile perché in tre occasioni Innocente Pinoja ed il figlio Leonardo Pinoja avevano presenziato in veste di municipali a riunioni del Municipio durante le quali erano state adottate delle risoluzioni riguardanti il terreno della Gildi SA, aggiunse che non vi erano elementi concreti "attestanti che le incongruenze di cui sopra sono da ricondurre alla volontà del Municipio di favorire la ditta proprietaria visto che la stessa è ed era in relazioni molto strette con il sig. Innocente Pinoja, membro del Municipio fino all’aprile del 1996 e padre dell’attuale municipale Leonardo Pinoja.".

Ma di quanti e quali esempi del genere ha bisogno il CdS per intervenire energicamente contro le autorità losonesi e in particolare quelle che sono coinvolte in abusi a raffica, anziché limitarsi ogni volta a tiratine d’orecchi e a racco-mandazioni di non farlo più perché sennò la prossima volta "verranno adottate sanzioni disciplinari" ? Non è forse proprio con questa "mancanza di incisività" che si favoriscono i furbi e che si scoraggia chi, facendo il proprio dovere, si dà la pena di controllare e di denunciare correndo molti rischi di tutti i tipi?

Chiuso l’inciso sulla Gildi SA e torniamo alla Benneselna SA.

Nel 1996, proprio in conco-mitanza con l’entrata in funzione della discarica della Carlescia, questa società si trasferì da Verscio a Losone in un capannone di proprietà del Patriziato (la locazione venne messa a concorso, egregi signori della SEL ?) situato proprio accanto alla discarica. Impiegata-telefonista della ditta era la moglie del direttore della Silo Melezza SA. La Benneselna SA (scopi sociali : impresa di trasporti di ogni genere, impresa generale di costruzione nonché l’acquisto, la vendita, l’im-portazione e l’esportazione di materiale di ogni genere) fornisce su richiesta delle benne per lo sgombero di materiale di scavo ed edilizio e provvede poi al suo smaltimento. Presumibilmente tutto questo materiale finiva nella discarica losonese.

Sarebbe interessante sapere quanto fatturava la ditta ai suoi clienti e quanto pagava al Patriziato per il deposito nella sua discarica.

Sembra che fosse tramite questa ditta che veniva organizzata l’esportazione in Germania di "boccioni" alluvionali : quei bei sassi bianchi e levigati che si trovano lungo le rive della Melezza e della Maggia e sotto i terreni patriziali delle Gerre, e che piacciono tanto ai germanici disposti a pagare circa 2'000 franchi al mc per ornare i loro giardini con questo "souvenir" del Ticino. Sembra pure – e lo so da fonte certa anche se non sono in grado di provarlo - che fra gli azionisti di questa società vi fossero pure un ex-sindaco di un vicino Comune e un sindaco di un altro importante Comune dell’agglomerato, i quali, quando nell’autunno del 1998 scoppiò lo scandalo e il Cantone intervenne per bloccare qualsiasi attività nella discarica con segnalazione al Ministero pubblico, cercarono di liberarsi delle loro azioni e di trovare degli acquirenti.

Un comportamento da "topi che abbandonano la nave che affonda" e che deve pur far riflettere…

 

1998 : secondo scavo abusivo (e appropriazione indebita?)

 

Ma l’impressionante serie di abusi non era ancora finita. Nel 1998, infatti, la Silo Melezza scavò in modo del tutto abusivo un altro bel buco di ca. 1'000 mq e profondo ca. 3 metri a poca distanza dal primo e sempre su terreni patriziali. Certamente non fu il Patriziato ad autorizzare aper-tamente un simile scavo senza concorso ma soprattutto senza alcuna licenza edilizia e quindi non poteva esserci stato un accordo alla "luce del sole" ,come nel 1993 ,del tipo "tu ti prendi il materiale e versi nelle casse del Patriziato una certa somma". E se anche ciò fosse stato fatto in seguito, per correre ai ripari dopo la mia denuncia, ciò non toglierebbe nulla al fatto che si era in presenza di un bell’esempio di cattiva amministrazione. Perché riesce davvero difficile credere che nessuno, né il presidente del Patriziato e né il segretario (che aveva le chiavi d’accesso alla discarica…), fossero al corrente di ciò che stava avvenendo. Eppure, come dirò in seguito , entrambi negarono alla SEL di essere a conoscenza di quello scavo di 3'000 mc (equivalenti a 270 autocarri da 11 mc che non passano certo inosservati), e la SEL, bontà sua, ci credette o non dette comunque peso a questo episodio! Ma se nessuno aveva autorizzato la Silo Melezza a portar via quei beni patriziali, non ci troveremmo di fronte a un tentativo di appropriazione indebita ? E che ha mai fatto il Patriziato per tutelare i propri interessi , denunciare la ditta responsabile e chiedere il risarcimento di tutto il guadagno fatto con quel materiale ?

 

Denuncia, sopralluogo e ordine di sospensione

 

E veniamo al fatidico autunno del 1998. Il 15 settembre "scoprii" la discarica ( o meglio le discariche), fotografai tutta la zona (compresi alcuni mucchi di catrame e altri scarti edili pronti per finire nello scavo) e verso le ore 16 telefonai all’Ufficio cantonale impianti di depurazione e rifiuti per denunciare ciò che avevo scoperto. L’ispettore G.M. fissò un sopralluogo per il mattino dopo alle 9 e mi invitò a comunicarlo all’Ufficio tecnico (UT), cosa che feci. Un funzionario dell’UT informò immediatamente il Municipio che a quel momento si trovava in seduta. Ma sorprendentemente il Municipio ordinò all’UT di non presenziare al sopralluogo, di modo che il mattino dopo allo stesso eravamo presenti solo io e il funzionario del Cantone. Vi sembra questo l’atteggiamento di un Municipio in buona fede che "casca dalle nuvole" nell’apprendere che sul territorio comunale è proba-bilmente successo qualcosa di grave e di illegale ? Ma non è tutto. Difatti durante la notte qualcuno ha provveduto a dare l’allarme e a far portar via i mucchi di catrame e altro materiale che fortunatamente avevo fotografato. Un fatto gravissimo, perché dimostra che i "cattivi" avevano dei complici molto in alto . E poi chi ha dato loro la chiave d’accesso per portar via la roba nottetempo ? Ma su questo episodio la SEL e il Ministero pubblico non si sono posti alcuna domanda.

 

Il giorno dopo, 16 settembre. Al momento del sopralluogo sul cantiere non c’era nessuno. Solo una scavatrice . Evidentemente sapevano che saremmo arrivati. Poco dopo il sopralluogo l’ispettore G.M. tornò sul posto a scattare altre foto e questa volta il trax era al lavoro : evidentemente avevano aspettato che ce ne andassimo prima di riprendere l’attività. Eravamo spiati, insomma. Nel suo rapporto di costatazione G.M. scrisse "La situazione in loco a seconda di Ghiringhelli si era notevolmente modificata in quanto diversi metricubi di materiale erano nel frattempo stati allontanati. La situazione è comunque grave in quanto contrariamente alle condizioni rilasciate nell’auto-rizzazione a costruire sono stati e vengono abusivamente depositati nello scavo appositamente eseguito, rifiuti edili, invece che materiale di scavo composto da terra e roccia. Da notare che la zona si trova in un’area di falda pregiata". A conclusione del suo rapporto G.M proponeva di segnalare la situazione all’autorità giudiziaria per inquinamento delle acque e di risanare completamente la discarica con asportazione del materiale abusivamente depositato e chiusura immediata dello scavo.

 

E siamo al 17 settembre : decisamente va dato atto ai competenti uffici cantonali di essere intervenuti con tempestività e risolutezza. Cosa che non hanno fatto né la SEL né il Ministero Pubblico né il Consiglio di Stato. Il capo della Sezione della protezione dell’aria e dell’acqua (SPAA), dottor .Mario Camani, inviò una lettera raccomandata al Municipio ordinandogli di sospendere immediatamente qualsiasi attività sul mappale 449, quello delle due discariche, in attesa di un sopralluogo programmato per il 26 settembre. Scriveva Camani a motivazione dell’ordine di sospensione immediata : "Vista la gravità della situazione venutasi a creare, considerato che sono state in modo manifesto disattese le disposizioni rilasciate nell’autorizzazione cantonale a costruire del 14 luglio 1992 e che il materiale depositato potrebbe inquinare la falda, che nella zona risulta pregiata ai fini di un approvvigionamento in acqua potabile…". La lettera si concludeva così : "Tenuto conto della gravità della situazione il caso viene segnalato, con l’invio di copia della presente, all’autorità giudiziaria per le sue incombenze". Purtroppo, come detto, dal Ministero Pubblico nessuno si mosse e a quanto pare nel suo archivio questa lettera non c’è più o per lo meno non è stata trovata dal procuratore pubblico che dopo quasi 5 anni fu incaricato di esaminare il caso.

 

Traffico di "boccioni" estratti abusivamente

 

La lettera di Camani giunse al Comune il giorno dopo, ma già la mattina del 17 settembre una copia venne trasmessa via fax all’UT di Losone. I funzionari del Comune – già nell’occhio del ciclone per non aver vigilato sulla corretta gestione della discarica - avrebbero dovuto intervenire prontamente per sbarrare l’accesso alla discarica con una catena e un lucchetto e sospendere così qualsiasi attività, ma non lo fecero. Forse furono impediti di farlo, e se così fosse sarebbe gravissimo. Fatto sta che quel giorno sull’area in questione si lavorò alacremente per portar via camionate di "boccioni" depositati in bella vista sul fondo della discarica più recente. Per correre un simile rischio significa che quel materiale doveva avere un gran valore per chi organizzava il traffico. Sul posto c’era una Mercedes con targhe germaniche intestate a Jacob Marquart, un commerciante di pietre naturali di Lautertal (vicino a Francoforte). L’uomo sceso da quell’auto contrassegnava con una crocetta rossa i "boccioni" che gli interessavano e dietro di lui una scavatrice li caricava su un autocarro della Silo Melezza che a sua volta li trasportava fino alla stazione di Muralto dove poi vennero caricati su tre vagoni ferroviari diretti in Germania. Qui, a quanto mi risulta, i sassi venivano venduti a circa 800-1'000 marchi alla tonnellata, pari a circa 1’700-2'200 franchi al mc (un mc pesa tra le 2,6 e le 2,8 tonnellate).

Dalle informazioni in mio possesso risulta che a organizzare la spedizione era il segretario del Patriziato, Virgilio Bianda, il quale pochi giorni dopo – non sapendo che io avevo seguito e fotografato tutto - negò per iscritto alla SEL di essere coinvolto in un traffico di sassi alluvionali estratti da terreni patriziali, negò di essere a conoscenza dell’esistenza di un simile traffico e disse di non sapere che fine avessero fatto i sassi asportati dallo scavo abusivo. La stessa cosa fece il presidente del Patriziato Virgilio Conti. Insomma, poche ore dopo la denuncia e lo scoppio del gravissimo scandalo vengono portate via da quel terreno tre vagonate di pregiati sassi – naturalmente la sbarra di accesso si è aperta da sola…– e nessuno ne sa niente ? Certamente a qualcuno il naso deve essersi allungato di parecchio…

Eppure , in occasione di un’assemblea tenutasi tre mesi dopo, Conti rispose a una domanda del patrizio avv. Marco Broggini, ammettendo che il commercio dei sassi andava avanti da 20-30 anni e che l’idea di organizzarlo era stata dell’impresario Gianfranco Pinoja (deceduto nel 1982). E fu probabilmente proprio lì – aggiungo io - che Virgilio Bianda apprese l’arte di commerciar sassi con i germanici, allorché era segretario-contabile dell’impresa Pinoja. Fu forse per stare più vicini a questa preziosa fonte di approvvigionamento che nel 1973 i due entrarono assieme nella stanza dei bottoni del Patriziato : il primo quale membro dell’Ufficio patriziale e il secondo quale segretario ? Era proprio un periodo d’oro, quello, per gli scavi sui terreni patriziali. Stava infatti nascendo la zona artigianale e industriale di Losone, e prima di installare le nuove ditte (la prima fu l’AGIE) si provvedeva a scavare buchi enormi e profondi per estrarre la buona terra e i bei boccioni. Poi , su come questi buchi venivano riempiti, è tutta un’altra storia…

Su un mio giornaletto uscito il 10 febbraio 1999 e andato a ruba a Losone scrissi a proposito di Virgilio Bianda : "Se tutto era in regola, perché agire nasco-stamente ? Perché negare di essere a conoscenza dell’esistenza di questo commercio ? Forse perché non tutto era in regola ? O forse perché non sta bene che il segretario di un Patriziato si faccia le palle d’oro vendendo sassi che appartengono ai patrizi ? E chi è che lo spalleggiava e che lo "copriva" fuori e dentro il Patriziato ?".

Sto ancora aspettando adesso una benché minima reazione…E c’è ancora chi sembra convinto – la SEL – che in tutta questa storia di abusi gli interessi dei patrizi siano stati salvaguardati e che non vi sia traccia di cattiva ammini-strazione…

Il 21 settembre 1998 convocai una conferenza stampa per rivelare ai losonesi cosa succedeva nel loro Comune. La sera stessa Teleticino mandò in onda un servizio con belle e eloquenti riprese della discarica. I giornali uscirono il giorno dopo con ampi articoli. Parlai dell’abuso edilizio , dell’inquinamento della falda e della segnalazione di Camani al Ministero Pubblico (ove non solo le lettere vanno perse ma probabilmente nessuno legge i giornali…). Non dissi nulla però del traffico di "boccioni". Mi limitai a dire che dei sassi erano spariti e che girava voce di un traffico internazionale. Non volevo insomma scoprire le mie carte, in modo da attirare nella trappola i responsabili. Il 22 settembre inviai alla SEL un’istanza di intervento con la quale da una parte li invitavo ad accertare le responsabilità in merito ai vari abusi scoperti e dall’altra li invitavo a "girare" 10 domande all’Ufficio patriziale tendenti a far luce sulla sparizione dei sassi dalla discarica avvenuta il 17 settembre. Il 7 ottobre risposero il Presidente e il segretario negando su tutta la linea un qualsiasi coinvolgimento e aggiungendo di non essere a conoscenza di nulla. Alla domanda mirante a sapere cosa intendesse fare il Patriziato per farsi risarcire della perdita subita con l’asportazione di massi dalla fossa abusivamente scavata ( di cui i due negarono di essere a conoscenza), la risposta fu : "Per quanto riguarda l’Ufficio patriziale non vi è stata alcuna asportazione di massi. Il materiale alluvionale scavato è stato regolarmente pagato. Gli interessi del patriziato sono stati salvaguardati". Evidentemente si riferivano ai 40'000 franchi ricevuti 5 anni prima per lo scavo previsto dalla licenza edilizia , perché non potevano certo aver incassato soldi provenienti da un abuso edilizio di cui per loro stessa ammissione non erano neppure a conoscenza.

 

Stanco di giocare al gatto e al topo, il 23 ottobre 1998 convocai una seconda conferenza stampa e mostrai le foto che dimostravano il commercio di "boccioni", specificando pure dove andavano a finire e quanto fruttava la loro vendita. Solo a quel momento chi di dovere seppe che avevo scoperto il loro gioco, e allora si cominciò a cambiar versione, ad ammettere che il commercio andava avanti da 20-30 anni ma che le ditte che eseguivano scavi erano libere di fare quel che volevano con il materiale estratto (sì, ma scavi regolarmente messi a concorso ed eseguiti secondo la licenza edilizia…).

 

Altri abusi : discarica e muraglione ciclopico sul terreno della Silo Melezza

 

Torniamo indietro di un mese. Verso il 23 settembre, cioè appena una settimana dopo (!) che era esploso lo scandalo della discarica comunal-patriziale della "Carle-scia", dietro al fabbricato che ospita gli impianti di lavorazione della Silo Melezza (su un terreno di proprietà del Patriziato) venne iniziato come se niente fosse lo scavo di un buco abusivo di ca. 1'000 mc che nelle successive sei settimane fu abusivamente riempito con materiale di scavo e di demolizione (diverse ditte del Locarnese giungevano con i loro autocarri e scaricavano gli scarti edili direttamente nello scavo, con ogni probabilità dopo aver pagato per il deposito). L’illecita operazione venne seguita e fotografata di nascosto dal sottoscritto. Il 3 novembre, quando il buco era stato in parte richiuso, denunciai l’ennesimo scandalo alla SPAA che successivamente ordinò la rimozione del materiale non idoneo e il suo trasporto in una discarica autorizzata.

 

Da notare che lo scavo aveva potuto essere effettuato grazie anche a un "muro ciclopico" di sostegno lungo 40 metri e alto 7,5 costruito nell’estate precedente senza alcuna autorizzazione (in zona non edificabile!) e ma-scherato poi con tonnellate di sabbia (ma dopo che ebbi modo di fotografarlo e di constatare di persona quanto fosse nuovo di zecca). Anche questo abuso fu denunciato dal sottoscritto. In un primo tempo i responsabili della Silo Melezza (e in particolare l’avv. Salvatore Pinoja) negarono che quel muraglione fosse appena stato costruito e sostennero che esisteva già dagli anni ’50. Ma poi dovettero ammettere almeno parzialmente la verità. Difatti, in occasione di un sopralluogo organizzato dal Cantone il 10 marzo 1999, due rappresentanti della società (l’avv. Salvatore Pinoja e l’allora consigliere comunale Innocente Pinoja) riconobbero di aver "consolidato" un muro che a loro dire esisteva già e di averlo innalzato di 1,3 metri (il tutto ovviamente senza la necessaria autorizzazione canto-nale). Se avesse voluto, il Cantone avrebbe potuto accertare se anche il resto del muro era appena stato costruito ex-novo, e ciò sia facendolo esaminare da un perito e sia interpellando le ditte valmaggesi che avevano fornito i sassi ed eseguito il trasporto degli stessi nonché la ditta che aveva costruito il muro (ditte i cui nomi erano da me stati comunicati al Municipio). Non so se ciò sia stato fatto o se per l’ennesima volta i furbi l’abbiano fatta franca.

Quel che si sa è che la Silo Melezza il 14 maggio 1999 presentò una domanda di costruzione in sanatoria contro la quale vennero presentate tre opposizioni ( fra cui quella del Dipartimento del Territorio). Il Municipio rilasciò ugualmente la licenza edilizia che però venne annullata dal CdS con la motivazione che "l’avviso del Dipartimento ( su materia che concerne il diritto la cui applicazione compete all’autorità cantonale) è vincolante per il Municipio" e che "al Comune non è dato di far uso della propria autonomia in modo troppo disinvolto, concedendo cioè licenze in contrasto con le condizioni del Dipartimento, appellandosi sem-plicemente a veri o presunti interessi comunali preponderanti". La Silo Melezza, ovviamente, inoltrò ricorso contro quella decisione. E anche il Municipio, molto meno ovviamente, fece la stessa cosa sostenendo (senza aver fatto le verifiche che avevo chiesto…) che non di fronte a una nuova edificazione ci si trovava , bensì di fronte a semplici lavori di manutenzione o di assestamento di una struttura preesistente. La Silo Melezza era insomma difesa dal Municipio ! Il 9 maggio del 2000 il Tribunale cantonale amministrativo confermò l’annul-lamento della licenza edilizia e respinse i due ricorsi spiegando fra l’altro al Municipio che la legge "gli precludeva tassativamente la facoltà di concedere la licenza in contrasto con il preavviso negativo del Dipartimento" e che la licenza da esso rilasciata "configurava una chiara ed evidente violazione del diritto".

A seguito di ciò il Municipio dovette a malincuore tornare sui propri passi e respingere la richiesta di licenza edilizia., e così il 31 maggio 2000 la Silo Melezza rifece la trafila presentando un ricorso al CdS contro tale forzata decisione. Non si sa più cosa sia successo da allora e se contro gli autori dell’abuso siano state emanate sanzioni ( come è stato fatto nei confronti di altri losonesi che hanno fatto lavoretti abusivi nei loro rustici sui monti di Losone). Ma il muro è ancora lì.

Gli episodi della discarica abusiva dietro il fabbricato della Silo Melezza e del muraglione in tutto o in parte abusivo – entrambi , giova ripeterlo, realizzati su un terreno di proprietà del Patriziato - non c’entrano direttamente con la discarica della Carlescia oggetto di questa istanza, ma servono comunque a far capire con chi abbiamo a che fare.

E contribuiscono a sollevare ulteriori inquietanti interrogativi su un Patriziato che non vigila su quanto avviene sui propri terreni (specie quando c’è di mezzo la Silo Melezza) e che non fa valere i propri diritti di proprietario dei terreni neppure dopo che gli abusi sono venuti a galla, e su un Municipio che in certi casi (specie quando ci sono di mezzo la Silo Melezza e il Patriziato) vigila a singhiozzo o a scoppio ritardato , e che con certi suoi dubbi interventi può dare l’impressione di fare dei favoritismi, o di essere incompetente o chissà che altro.

 

Ordine di risanamento della SPAA e inefficienze della SEL

 

Con grande rapidità, il 27 novembre 1998 la Sezione protezione Aria e Acqua ( SPAA), dopo aver proceduto a tutti gli accertamenti del caso, comunicò (con copia al Ministero Pubblico) la decisione di procedere al risanamento della discarica, che venne eseguito secondo le condizioni sottoscritte dalle parti il 10 marzo 1999. I lavori furono eseguiti il 23 giugno 1999, quando c’era ancora tempo per sollecitare un intervento del Ministero pubblico prima che scadesse il periodo di prescrizione (cioè prima del 15 settembre 1999). La SPAA ci ha messo solo poco più di due mesi per fare tutti i suoi accertamenti e prendere le dovute decisioni. La Sezione degli enti locali ( SEL) invece ha dormito alla grande, rivolgendosi al Ministero pubblico per una sua presa di posizione solo nel dicembre del 2002 (dopo un mio pubblico sfogo) . Forse la ragione di tanta lentezza l’ho trovata leggendo un’intervista su "La Regione" del 26 agosto 2003 fatta da Daniele Fontana al Consigliere di Stato Luigi Pedrazzini (in carica dall’aprile del 1999) in merito alla funzione di vigilanza del Cantone sui Comuni e alle difficoltà di far rispettare determinate decisioni a un’autorità comunale. "Le nostre risorse sono quelle che sono – ha risposto Pedrazzini – e oggi sono molto impegnate nei processi di aggregazione. Come Cantone non possiamo più permetterci di investirle in un eccesso di vigilanza".

Capito ? Il Cantone non vigila più con la dovuta tempestività e tenendo conto della gravità del caso, e così i furbi la fanno franca solo perché a qualcuno stanno più a cuore le aggregazioni. In proposito cito quanto l’esperto di diritto amministrativo dott h.c. Adelio Scolari ha scritto su "La Regione" del 7 febbraio 2000 in merito alla denegata o ritardata giustizia : "Poco importa che il ritardo nella procedura o nella decisione sia dovuto a un comportamento negligente o ad altra circostanza, ad esempio l’eccessivo numero di pratiche delle quali l’autorità deve occuparsi : lo Stato è responsabile della buona amministrazione della giustizia. L’autorità non può pertanto, in principio, invocare un sovraccarico di lavoro o una mancanza di personale, dovendo essa prevedere l’evoluzione nel campo specifico e prendere le misure idonee ad ovviare eventuali problemi".

Minacce anonime e intimidazioni politiche

 

Sabato 12 dicembre 1998, ore 12. Uno sconosciuto mi telefonò e in tono che non ammetteva equivoci mi disse di fare molta attenzione perché stavo esagerando. Poi aggiunse : "sappiamo chi ti passa le informazioni e penseremo anche a lui". Come già detto, un paio di giorni dopo segnalai per iscritto queste minacce telefoniche al Procuratore generale cogliendo l’occasione per segnalare pure quanto stava accadendo a Losone. Nessuno però intervenne. Ma questo episodio rende bene l’idea del clima che allora c’era in paese (un clima di tipo mediterraneo adatto alla coltivazione di arance e limoni…) e dei grossi intrallazzi e interessi che con le mie denunce stavo smascherando e mandando all’aria. Erano i tempi in cui i capigruppo in Consiglio comunale del PLR, del PPD e dell’UDC, evidentemente mandati avanti dai loro capetti nel tentativo di delegittimarmi e di demonizzarmi di fronte all’opinione pubblica, inviavano comunicati ai giornali nei quali mi si accusava di aver fatto degenerare il clima politico losonese "con una lunga e unilaterale serie di attacchi personali all’indirizzo di alcuni municipali e alcuni consiglieri comunali". E io replicavo che a deteriorare il clima politico non era chi denunciava gli abusi ma chi li commetteva. Fra l’altro poche settimane dopo quel comunicato mi toccò denunciare pubblicamente pure due di quei capigruppo, coinvolti in un abuso edilizio di una certa gravità (sopraelevamento di una casa un metro in più di quanto previsto dalla licenza edilizia)...

 

"Signora giudice : che mi consiglia di fare ?"

 

Verso la metà di ottobre del 2002, dopo che erano trascorsi quasi 1'500 giorni dalla mia istanza di intervento senza più ricevere notizie dalla SEL, persi la pazienza e sfogai pubblicamente la mia rabbia con una lettera che venne pubblicata da alcuni giornali ("Ticino oggi" del 16 ottobre, "Corriere del Ticino" del 17 ottobre e "La Regione" del 22 ottobre). Presi lo spunto da una frase che una giudice aveva pronunciato in aula prima di condannare il deputato Rodolfo Pantani per diffamazione. La giudice disse che "se un politico vuol denunciare un certo malandazzo lo deve fare in termini civili e nel rispetto delle persone e soprattutto deve documentarsi in modo scrupoloso". Giusto ! Scrissi. "Ma allora il giudice mi deve spiegare perché certe denunce fatte in termini civili e sulla base di una documentazione inoppugnabile finiscono poi senza conseguenze per i notabili autori di qualche malandazzo". E ricordai che "quattro anni fa avevo pubblicamente denunciato una serie di abusi e intrallazzi in cui in un modo o nell’altro si erano trovati coinvolti il Municipio e l’Amministrazione patriziale di Losone. Sia la Procura pubblica, sia la Sezione degli enti locali furono informate dell’esito delle mie indagini ma nessuno si mosse. E i colpevoli di quei gravi fatti rimasero tutti ai loro posti. Non ricevettero neppure una tiratina d’orecchi. Come dar torto a Pantani quando dice che purtroppo le proteste sussurrate non vengono udite e che spesso per far passare i messaggi è necessario alzare il tono della voce?". Poi raccontai in modo succinto gli scandali da me denunciati osservando che l’unico concreto risultato ottenuto fu quello di far chiudere la discarica. "Ecco signora giudice – conclusi amaramente – com’è finita questa mia denuncia pubblica fatta in termini civili e dopo essermi documentato in modo scrupoloso. Che mi consiglia di fare la prossima volta?". Beh, la lettera non passò certamente inosservata perché qualche giorno dopo la SEL uscì dal letargo e si mise in contatto sia con la SPAA e sia con il Ministero Pubblico chiedendo loro incarti e prese di posizione per poter chiudere il caso. Ma è mai possibile che si debba arrivare a tanto per avere giustizia ?

 

Attorno a queste denunce ho sgobbato gratuitamente, e anzi assumendomi diversi costi, per migliaia di ore. Ho fatto molto più di quanto la mia carica di consigliere comunale mi imponeva di fare. Perché dei funzionari superpagati non possono fare altrettanto ? Ora non sono ancora sicuro di volermi ripresentare alle prossime elezioni comunali, perché sono leggermente nauseato da tutto il marcio che ho scoperto e denunciato e ancor più dall’esito di queste denunce e dal vuoto che si è creato attorno a me a Losone : come se gli abusi da me denunciati li avessi fatti io. Come giornalista ho voluto vedere da vicino i giochi della politica, ho voluto vedere se è vero quel che la gente dice, e cioè che molti entrano in politica solo – o quasi - per farsi i propri affari. Questa mia istanza, in un certo senso, è il risultato di questa mia inchiesta da "giornalista infiltrato nella politica" durata quasi otto anni.

 

La prescrizione si avvicina e il CdS dopo 5 anni si fa vivo

Il 23 maggio 2003 la SEL, dopo un silenzio di quasi 5 anni, mi informava graziosamente che la situazione sul mappale era stata risanata, e siccome io nei mesi addietro avevo sollecitato l’evasione della mia istanza mi segnalava di considerare conclusi gli approfondimenti di sua competenza e che per la comunicazione di evasione riteneva di dover attendere pure la posizione di altre istanze (vedi penali) cui io avevo trasmesso a suo tempo una segnalazione.

 

Risposi loro il 28 maggio con una letteraccia nella quale, dopo aver osservato che 5 anni è il limite di una prescrizione delle negligenze commesse, espressi tutta la mia rabbia per la loro passività ed il loro lassismo, gridai allo scandalo per il modo in cui si erano sottratti al loro dovere di controllo in presenza di qualcosa di più di un semplice indizio o sospetto di cattiva amministrazione da parte del Patriziato (e con il colpevole silenzio del Municipio), feci osservare che non è così che si consolida la fiducia dei cittadini nelle istituzioni ed è invece così che si alimentano le dicerie popolari sui classici due pesi e due misure adottati a dipendenza di chi è stato colto in fallo. Alla fine dissi che se volevano fare il loro dovere il minimo da farsi era di convocarmi e ascoltarmi attentamente, "ma solo se vi è volontà di cercare veramente la verità e poi di prendere i provvedimenti amministrativi che si imporranno". Ovviamente non mi hanno convocato e quindi non potevano sapere tutto quanto è contenuto in questo lungo istoriato ( a meno che non avessero letto il sesto numero del mio giornaletto "Il Guastafeste" del 10.2.99 che a suo tempo avevo inviato per conoscenza a diversi funzionari della SEL).

Dopo una breve risposta del 4 giugno in cui mi si informava che la SEL era già giunta alle sue conclusioni e che prima di comunicarmele si attendeva la posizione finale della Procura pubblica (che ha emesso il decreto di non luogo a procedere il 5 giugno) ecco che dopo quasi altri tre mesi, con lettera datata 19 agosto, il Consiglio di Stato ha finalmente risposto alla mia istanza del 22 settembre 1998. Come dice Andreotti : a pensar male si fa peccato ma qualche volta ci si azzecca. Cosa sto pensando di male ? Sto pensando all’art. 133 § 5 della Legge organica patriziale, il quale recita "I provvedimenti disciplinari (nei confronti dei membri dell’Ufficio patriziale rei di grave negligenza nell’esercizio delle loro funzioni) si prescrivono nel termine di 5 anni dal compimento dei fatti". Quindi, visto che "i fatti" sotto accusa furono compiuti ancora almeno fino al 17 settembre 1998, ne consegue che fra un paio di settimane i colpevoli la faranno franca ad ogni modo, a meno di una decisione a tempo di record del Consiglio di Stato a questa seconda istanza o a meno che questa seconda istanza "congeli" il periodo di prescrizione.

Il CdS tira le orecchie a Municipio e Patriziato : brrrr che paura……

E a quali conclusioni è arrivato il Consiglio di Stato dopo cinque anni di riflessioni ? Quali severi provvedimenti sono stati adottati verso gli autori di uno dei più gravi abusi del genere registrato negli anni ‘90 in Ticino?

 

Per quanto riguarda il Municipio scrive il CdS : "Ritenuto nella fattispecie l’avvenuto accertamen-

to dell’abuso edilizio in relazione al deposito di rifiuti edili e allo scavo, occorre concludere che il Municipio non ha compiutamente svolto i suoi compiti di vigilanza in materia edilizia, cui era fra l’altro espressamente richiamato nella licenza edilizia".

Per quanto invece riguarda l’Ufficio patriziale il CdS scrive che lo stesso "era tenuto ad esercitare una regolare sorveglianza sulle operazioni svolte sul mappale in oggetto, ciò che in concreto non si è poi compiutamente verificato, essen-dosi il medesimo limitato a consegnare le chiavi alle ditte interessate senza mai effettuare i dovuti controlli, come risulta dagli accertamenti svolti dai competenti servizi". Si riconosce inoltre che nella fattispecie non risulta che le opere di scavo o la concessione del diritto di reimpiego del materiale estratto siano state messe a concorso dal Patriziato come previsto dalla LOP o che sia stata chiesta una deroga a tale obbligo.

Conclusione ? Neppure una multa, un ammonimento o un richiamo, ma solo un invito al Municipio e all’Amministrazione patriziale a "un miglior rispetto in futuro degli obblighi accennati, in particolare degli obblighi di vigilanza e sorveglianza nei loro rispettivi ambiti di competenza". Il CdS ha poi fatto la voce grossa ricordando che "il persistere nel mancato ossequio di tali incombenze può rendere necessa-rial’applicazione di sanzioni disci-plinari nei confronti dei responsa-bili". La montagna, insomma, ha partorito il classico topolino.

 

E pensare che negli scorsi giorni il CdS non ha voluto entrare nel merito di un mio ricorso in materia di diritti civici ( presentato allo scopo di fare chiarezza giuridica su una questione di pubblico interesse), e mi ha fatturato una tassa di giustizia di 300 franchi ! Due pesi e due misure : ecco come funziona la giustizia da noi !

 

3. Nuova istanza : cattiva amministrazione o amministrazione infedele ?

 

Ma non è finita. Accertati gli abusi e le negligenze commessi dall’Ufficio patriziale nella costruzione e nella gestione della discarica, il CdS ha esaminato anche la questione del commercio del materiale abusivamente estratto dalle discariche abusive, giungendo alla conclusione che "non è ancora ravvisabile cattiva amministrazione, pertanto una lesione degli interessi patriziali, per il fatto che il Patriziato (ovvero i suoi organi) non ha colto l’opportunità di guadagno derivante dal commercio del sottosuolo del sedime". Come è giunto il CdS a questa straordinaria decisione che non sembra tener conto minimamente di quanto successo su quei terreni e che non fa una distinzione fra quanto è stato estratto legalmente e quanto no ?

Perché per il CdS l’Ufficio patriziale non ha leso gli interessi patriziali

In primo luogo si rileva che il Patriziato ha pur sempre incassato dalla Silo Melezza 40'000 franchi a titolo di indennità per il reimpiego del materiale estratto, facendo finta di dimenticare che mettendo a concorso i lavori il Patriziato avrebbe potuto incassarne almeno70'000 (come spiegherò più innanzi) e facendo finta di dimenticare che l’accordo dei 40'000 franchi era riferito al reimpiego dei 12'000 mc previsti dalla licenza edilizia e non certo a quello dei circa 23'000 mc effettivamente estratti.

Inutile poi sottolineare, come fa il CdS, che la Silo Melezza ha eseguito i lavori gratuitamente, perché per questo genere di scavi le ditte che concorrono lavorano tutte gratis e ne tengono ovviamente conto nell’offerta che fanno per poter reimpiegare gli inerti estratti.

Il CdS non entra minimamente nel merito del coinvolgimento diretto o indiretto di importanti esponenti del Patriziato nel commercio di boccioni tolti da uno scavo abusivo e quindi da tutti i punti di vista di proprietà di tutti i patrizi : coinvolgimento che se accertato potrebbe prefigurare anche reati di tipo penale quale ad esempio l’amministrazione infedele, e non solo una cattiva amministrazione. Lo stesso ragionamento lo si potrebbe fare pure per gli 11'000 metri cubi di materiale abusivamente estratto e venduto dalla Silo Melezza con il colpevole silenzio di chi doveva sapere e non è intervenuto né durante lo scavo (per impedire l’appropriazione indebita) né dopo (per denunciare il misfatto e reclamare il frutto dell’illecito guadagno).

Dove il CdS sfiora il ridicolo è quando cerca di spiegare che gli interessi del Patriziato non sono stati lesi perché a detta del Patriziato stesso la discarica era oggettivamente necessaria per l’economia regionale ( difatti abbiamo visto quante ditte vi facevano capo…) e il suo scopo non era quello di incrementare gli introiti ma di rispondere ad un bisogno collettivo. Mi sembra chiaro che l’oggetto del contendere non è l’utilità della discarica ma è la fine che hanno fatto i soldi provenienti dalla parte abusiva degli scavi : se non sono finiti nelle casse del Patriziato, e parliamo di merce del valore di alcune centinaia di migliaia di franchi, allora c’è stata cattiva amministrazione indipendentemen-te dall’utilità della discarica. A meno che per il CdS vi sia una differenza fra abusi utili e abusi inutili. Per me un abuso è un abuso.

Infine il CdS sembra voler assolvere il Patriziato dall’accusa di non aver avanzato particolari rivendicazioni sul materiale di scavo, con la motivazione che l’operazione di sfruttamento del materiale estratto (la cui vendita , come riconosciuto dallo stesso CdS, potrebbe comportare introiti ingenti se fosse tutto sfruttabile) ha comunque lati incerti perché se il materiale non fosse di buona qualità il Patriziato arrischierebbe di doversi sobbarcare gli oneri di scavo, trasporto, lavorazione, eliminazione di materiale di scarto qualora rivendicasse dei diritti su questo materiale. Cioè in pratica il CdS sembra dire che la Silo Melezza ha fatto bene a portar via 11'000 mc di materiale in più di quanto pattuito perché ha evitato incertezze e possibili spese al Patriziato. Va continuamente ricordato che stiamo parlando di terra, sabbia, ghiaia e sassi che sono stati portati via abusivamente e che se fossero stati lasciati al loro posto non avrebbero causato al Patriziato incertezza alcuna né tantomeno delle spese, ma dal momento che sono stati portati via senza alcuna autorizzazione vanno pagati al legittimo proprietario.

Va pure ricordato che se il Patriziato avesse messo a concorso quegli scavi sarebbe spettato alle ditte concorrenti valutare la qualità del materiale, ad esempio con piccoli scavi di sondaggio, e quindi il Patriziato – contrariamente a quanto afferma il CdS – non avrebbe corso alcun rischio e non avrebbe in ogni caso dovuto affrontare alcuna spesa.

Cosa ci hanno perso i patrizi

A parte ciò, anche i paracarri sanno che il materiale situato sotto tutta quell’area alluvionale comprendente il golf e la zona industriale   come del resto fa capire il nome della zona :"Gerre" – è un materiale di qualità composto in prevalenza di terra, sabbia, ghiaia e preziosi sassi.

Lo sapevano anche quelli della Silo Melezza, che difatti hanno estratto dallo scavo quasi il doppio di quello che era stato autorizzato

( e non certo per fare un favore al Patriziato), a comprova che il CdS evidentemente non sa di cosa sta parlando.

Giova qui ricordare quanto ha detto il segretario cantonale della Società svizzera impresari costruttori, Edo Bobbià, in un’intervista apparsa su "La Regione" del 21 maggio scorso. Bobbià rilevava che circa la metà degli inerti utilizzati dall’edilizia e dal genio civile in Ticino proveniva dall’Italia del nord, da dove nel 2001 erano stati importati oltre 297'000 metricubi di inerti di vario taglio, equivalenti a 27'000 autocarri da 11 metricubi l’uno. "Un bel commercio ! " osservò l’articolista. "Lo è eccome – rispose Bobbia – Dal punto di vista ticinese perché gli inerti sono di buona qualità e hanno un eccellente rapporto qualità-prezzo. In ottica italiana, se consideriamo una media di 40 franchi al mc, il calcolo è subito fatto : 12 milioni di franchi. Per loro è un "business" di non poco conto". Ciò dimostra la "sete" di inerti (ed il loro valore) che c’è in Ticino e fa capire come sia forte la concorrenza fra le ditte che operano nel settore per cercare di aggiudicarsi in loco - mediante regolari concorsi - gli inerti necessari alla loro attività.

Da informazioni assunte presso una di queste ditte so che in caso di concorso le offerte per lo scavo della discarica losonese sarebbero potute arrivare tranquillamente a 6 franchi al mc, pari a 72'000 franchi per 12'000 mc (anziché i 40'000 incassati dal Patriziato). E quindi il mancato rispetto dell’obbligo di mettere a concorso quei lavori ha sicuramente fatto le fortune della Silo Melezza (che da tutta questa operazione e senza concorrenti di mezzo ci ha guadagnato almeno mezzo milione di franchi) ma non ha certo tutelato gli interessi dei patrizi : quegli stessi patrizi che recentemente hanno deciso di tagliare i sussidi alle società locali per far quadrare i conti che non tornano…

Forse , visto che nel CdS siedono solo avvocati, non tutti sanno che il materiale alluvionale è molto ricercato dalle ditte attive nel settore (perfino il Cantone mette a concorso l’estrazione di inerti dai fiumi) perché è particolarmente adatto per la preparazione di beton pregiato. Dopo la lavorazione il prezzo di vendita di quel materiale è di circa 45 franchi al mc (il prezzo di listino è di 50 fr/mc), di cui, una volta dedotte le spese generali nonché quelle per l’acquisto, lo scavo, il trasporto e la lavorazione del materiale, ne restano all’incirca la metà quale guadagno netto. Per cui i conti sono presto fatti : se la Silo Melezza ha estratto abusivamente circa 11'000 mc di materiale il guadagno netto – dedotti cioè i costi vari - si è aggirato attorno ai 250'000 franchi, somma che sia i dirigenti del Patriziato e sia il CdS sembrano voler a tutti i costi regalare alla Silo Melezza anziché ridare ai suoi legittimi proprietari, e cioè i patrizi di Losone.

A proposito : come sono stati dichiarati al fisco quei soldi ? E senza parlare poi dei proventi della vendita dei "boccioni" finiti in Germania : dove sono finiti quei soldi ? Come fa il CdS a sostenere che non v’è stata cattiva am-ministrazione e che gli interessi dei patrizi sono stati salvaguardati ?

 

4. Conclusioni

Alla luce di questi fatti di cui probabilmente il CdS non era a conoscenza perché male informato dalla SEL, e alla luce delle considerazioni sopra esposte, chiedo quindi una revisione della precedente decisione e chiedo :

 

che sia riconosciuta la cattiva amministrazione operata nella circostanza dall’Ufficio patriziale, il quale non solo non ha messo a concorso lo scavo facendo perdere almeno 30'000 franchi alle casse patriziali ma ha permesso che ingenti quantitativi di prezioso materiale venissero asportati abusivamente senza mai denunciare la ditta colpevole e senza mai chiedere il risarcimento del dovuto (che dovrebbe aggirarsi attorno ai 250'000 franchi)

 

che vengano fatti ulteriori accertamenti (anche di tipo fiscale) sui guadagni illeciti conseguiti con questa operazione dalla Silo Melezza e che questi guadagni siano rimborsati al Patriziato

 

che vengano svolte delle indagini (presso le FFS e le autorità doganali ) per accertare il coinvolgimento del segretario del Patriziato ed eventualmente di altri membri dell’Ufficio patriziale nel traffico di boccioni abusivamente estratti dai terreni patriziali (eventualmente anche in passato) e per accertare dove siano finiti i soldi derivanti da quel traffico.

 

che venga sollecitato il Ministero pubblico ad accertare eventuali responsabilità di tipo penale non solo legate all’inquinamento della falda ma anche a eventuali appropriazioni indebite e amministrazione infedele nonché legate alla mancata chiusura immediata della discarica il 17 settembre 1998 (con conseguente prelevamento di boccioni a scopo di lucro) dopo l’ordine giunto via fax da Bellinzona (vi furono indebite "pressioni" sull’UT per ritardare la chiusura o fu l’UT a peccare di negligenza?) e alla fuga di notizie dal palazzo comunale la sera del 16 settembre 1998 (presumibilmente fra le 17.30 e le 19.30) che permise di evacuare nottetempo materiale inquinante dalla discarica prima del sopralluogo di un funzionario del Cantone

 

che venga accertato se il Municipio ha multato per abuso edilizio la Silo Melezza per lo scavo effettuato negli anni 1994-95 e per quello effettuato nel 1998 applicando l’aggravante dell’abuso a scopo di lucro previsto negli articoli 44 e 46 della Legge edilizia cantonale ( e se no, perché non l’ha fatto).

Che vengano riesaminate le responsabilità di quei municipali che dovevano sapere e non hanno vigilato o hanno taciuto o addirittura hanno conseguito dei guadagni per sé o per parenti stretti da questi abusi

Che venga accertato se i costi (presumibilmente ingenti) per il risanamento della discarica e la sua chiusura (con riempimento dello scavo) siano stati pagati dal Patriziato o se siano finiti nel "calderone" della costruzione del golf

 

Va da sé che in caso di necessità sono pronto a documentare e giustificare tutto quanto sopra esposto.

Invio copia della presente al Ministero Pubblico e alla Camera dei ricorsi penali per la riapertura del caso alla luce dei nuovi fatti di cui non erano a conoscenza, a tutti i deputati in Gran Consiglio quali membri del potere che esercita l’alta vigilanza sul Consiglio di Stato nonché quali membri del potere che sta esaminando l’introduzione di norme legislative che assicurino l’onorabilità delle cariche pubbliche, alla Divisione delle contribuzioni e all’Ufficio delle domande di costruzione per le verifiche di loro competenza.

Distinti saluti                    Giorgio Ghiringhelli 

 


 
Return To Top