Giorgio
Ghiringhelli
Via Ubrio 62
6616 Losone
|
Losone, 1
settembre
2003
Lodevole
Consiglio di
Stato
6500 Bellinzona
|
Istanza di
revisione e
d’intervento
urgente
Istante
: Giorgio
Ghiringhelli,
Via Ubrio
62, 6616
Losone
Motivo
: revisione
della
decisione
del CdS del
19.8.03 in
merito alla
discarica
abusiva sul
mapp. 449
del
Patriziato
di Losone,
in
particolare
per quanto
concerne la
cattiva
amministrazione
del
Patriziato.
1.
Introduzione
Il Consiglio
di Stato ha
finalmente
risposto a
una mia
istanza
d’intervento
del 22
settembre
1998 con la
quale
denunciavo
una serie di
abusi in
merito alla
costruzione
e alla
gestione
della
discarica
comunale
della
Carlescia ,
realizzata
sul mappale
no. 449 RFD
di Losone di
proprietà
del
Patriziato
(zona presso
il golf e
l’area
industriale).
Il Consiglio
di Stato (
CdS)
ha
riconosciuto
le
infrazioni (
in relazione
alle
dimensioni
dello scavo
e al
deposito di
rifiuti
edili)
commesse dal
Municipio e
dal
Patriziato
in quello
che il
Corriere del
Ticino aveva
definito
all’epoca
(cfr. "Il
Corriere del
22.9.98")
"il più
grave abuso
del genere
registrato
in Ticino
nell’ultimo
decennio",
ma allo
stesso tempo
non ha
ravvisato
una cattiva
amministrazione
da parte del
Patriziato
per quanto
riguarda
l’aspetto
secondario
ma pur
sempre
importante
relativo al
commercio
degli inerti
estratti
dallo scavo
in parte
abusivo ( da
questo punto
di vista,
secondo il
CdS, gli
abusi
constatati
non
avrebbero
leso gli
interessi
patriziali).
Scopo della
presente
istanza è
quello di
dimostrare
che invece
cattiva
amministrazione
c’è stata e
che la ditta
che ha
eseguito gli
scavi
abusivi (la
Silo Melezza)
si è
arricchita
alle spalle
del
Patriziato
che ha
raccolto
solo le
briciole. Di
conseguenza
si chiederà
pure che la
ditta in
questione
restituisca
al
Patriziato i
frutti
dell’illecito
guadagno.
All’epoca
degli
intrallazzi
descritti
nelle
prossime
pagine il
pacchetto
azionario
della Silo
Melezza SA
era di
proprietà
(in ragione
di un sesto
ciascuno)
dei signori
Leonardo
Pinoja
(municipale
di Losone
dal 1996),
Gabriele
Pinoja
(neoeletto
in Gran
Consiglio ),
avv.
Salvatore
Pinoja
(eletto nel
marzo del
2003 in seno
all’Ufficio
patriziale
di Losone e
successivamente
nominato
presidente
del Golf
patriziale
delle Gerre),
Patrick
Pinoja
(consigliere
comunale di
Losone dal
2000),
Daniele
Pinoja e
Marco Pinoja.
Tutti
rigorosamente
patrizi di
Losone.
Ma prima di
entrare nel
merito mi
sia concesso
esprimere
qualche
considerazione.
Un ritardo
inammissibile
E’
inammissibile
che il
Consiglio di
Stato abbia
impiegato 5
anni per
rispondere
alla mia
istanza di
intervento,
quando
invece già
dopo due
mesi dalla
mia prima
denuncia la
Sezione
protezione
Aria e Acqua
(SPAA),
accertata la
gravità
della
situazione e
il pericolo
di
inquinamento
della falda
di acqua
pregiata,
ordinò la
rimozione
del
materiale
abusivamente
depositato e
la
successiva
chiusura
della
discarica.
Se fosse
intervenuto
in modo più
energico e
tempestivo,
non solo
avrebbe dato
modo al
Ministero
Pubblico di
intervenire
per le sue
incombenze
prima che le
infrazioni
di carattere
penale
andassero in
prescrizione,
ma forse
avrebbe
anche
evitato che
quegli
stessi
amministratori
del
Patriziato
che avevano
favorito con
il loro
silenzio e
la loro
mancata
vigilanza
ogni sorta
di abusi sui
loro
terreni,
fossero gli
stessi che
un paio
d’anni dopo
presentarono
un deficit
di 5-6
milioni di
franchi (su
un
preventivo
di 13,7
milioni)
nella
costruzione
di un golf.
E forse
avrebbe
anche
evitato che
qualche mese
fa un
azionista
della Silo
Melezza (l’avv.Salvatore
Pinoja),
cioè della
ditta che ha
lucrato su
migliaia di
metri cubi
di inerti
illecitamente
estratti dai
terreni
patriziali,
venisse
"premiato"
dal popolo
patrizio con
la sua
nomina in
seno
all’Ufficio
patriziale
(è vero che
primo
proponente è
stato un
funzionario
della
Sezione
degli enti
locali ?) e
successivamente
alla
presidenza
del golf
patriziale.
4
segnalazioni
scomparse!
E’ pure
inammissibile
e
preoccupante,
e meritevole
dell’apertura
di
un’inchiesta,
quanto
successo a
livello di
Ministero
pubblico.
Solo nel
dicembre del
2002, con
colpevole
ritardo, la
Sezione
degli
enti locali
(SEL)
si è
ufficialmente
rivolta al
Ministero
pubblico
chiedendo
che lo
stesso
prendesse
posizione su
eventuali
implicazioni
di carattere
penale per
infrazioni
alla Legge
federale
sulla
protezione
delle acque.
Va rilevato
che a quel
momento la
discarica
era già
stata
risanata e
chiusa da un
pezzo , per
cui al
Procuratore
pubblico
Nicola
Respini non
è rimasto
altro che
emettere in
data 5
giugno 2003
un decreto
di non luogo
a procedere.
Nel decreto
si rilevava
che, pur non
essendoci
stata
nessuna
messa in
pericolo
delle acque
della falda
freatica
sottostante
(ndr. cosa
che appare
quanto meno
discutibile
alla luce di
quanto
riferirò
nelle pagine
seguenti),
si poteva
rimproverare
al
Municipio e
al
Patriziato
il fatto di
non aver
rispettato
le
condizioni
poste dal
Cantone :
"una
contravvenzione
– si legge
nella
lettera del
CdS in cui
si cita il
decreto del
procuratore
pubblico -
di per sé
punibile
penalmente
entro un
anno dalla
commissione
del reato
( ndr. cioè
entro un
anno dalla
mia prima
denuncia del
15 settembre
1998)
ma
la
cui azione
penale
sarebbe
comunque
ormai
prescritta".
L’aspetto
grave e
preoccupante
è che nello
stesso
decreto –
stando a
quanto
riferito dal
CdS nella
sua lettera
del 19
agosto
scorso - si
motiva il
mancato
tempestivo
intervento
da parte del
Ministero
pubblico con
il fatto che
allo stesso
non era
mai giunta
alcuna
denuncia o
alcuna
segnalazione.
Senza farne
alcuna colpa
al PP in
questione,
che non ha
certo avuto
vita facile
nel dover
ricostruire
i fatti a 5
anni di
distanza ma
che forse
avrebbe
fatto meglio
a
interpellarmi
quale teste
prima di
prendere una
decisione,
contesto
decisamente
che non vi
siano state
delle
segnalazioni.
Ce ne son
state ben
quattro in
cinque mesi!
Infatti già
il 17
settembre
1998 il capo
della SPAA,
dott. Mario
Camani, dopo
aver preso
atto del
rapporto di
costatazione
steso il
giorno prima
da un
funzionario
dell’Ufficio
impianti di
depurazione
e rifiuti
(il quale,
data la
gravità
della
situazione,
aveva
proposto di
segnalarla
all’autorità
giudiziaria
per
inquinamento
delle acque
), scrisse
al Municipio
ordinandogli
di
sospendere
qualsiasi
attività
nell’area
della
discarica, e
ciò "vista
la
gravità
della
situazione
venutasi a
creare,
considerato
che sono
state in
modo
manifesto
disattese le
disposizioni
rilasciate
nell’autorizzazione
cantonale
no. 70452
del 14
luglio 1992
e che il
materiale
depositato
potrebbe
inquinare la
falda,
che nella
zona risulta
pregiata ai
fini di un
approvvigionamento
in acqua
potabile".
Camani
aggiunse che
"tenuto
conto della
gravità
della
situazione
il
caso
viene
segnalato,
con l’invio
di copia
della
presente,
all’autorità
giudiziaria
per le sue
incombenze".
E perché,
dinnanzi a
una
segnalazione
così
allarmante e
proveniente
da un alto
funzionario
del Cantone,
il Ministero
pubblico non
si è mosso ?
E perché ora
si dice che
non vi è più
traccia di
quella
segnalazione
?
Ma non è
tutto. Mi
risulta che
pure la
decisione
della SPAA
del 27
novembre
1998
(decisione
di
risanamento
della
discarica )
sia stata
trasmessa
dalla stessa
al Ministero
pubblico per
conoscenza :
e perché nel
decreto 5
giugno 2003
del PP
Nicola
Respini si
sottolinea
che al
Ministero
non è mai
giunta copia
per
conoscenza
di quella
decisione ?
E non è
finita. Il
14 dicembre
1998 inviai
al Ministero
Pubblico
(con copia
alla Polizia
cantonale,
al Municipio
di Losone e
alla polizia
comunale)
una
segnalazione
intitolata
"Minacce
telefoniche"
nella quale
fra l’altro
scrivevo : "da
alcuni mesi
investigo in
qualità di
consigliere
comunale su
discariche e
scavi
abusivi
effettuati
in
territorio
di Losone,
quasi sempre
su terreni
di proprietà
del
Patriziato,
da persone,
ditte e
società che
direttamente
o
indirettamente
hanno legami
con alcune
autorità che
siedono in
Municipio e
in Consiglio
comunale.
Trattasi di
"operazioni"
che durano
da almeno
20-30 anni e
sulle quali
sarebbe
utile
indagare per
capire dove
sono andate
e dove vanno
a finire le
ingenti
somme che da
queste
operazioni
derivano.
Qualora si
ritenesse
utile
avviare
delle
indagini
sarò ben
lieto di
mettere a
disposizione
le numerose
informazioni
da me
raccolte.
Per ora mi
limito ad
allegare a
questa
segnalazione
una serie di
articoli
apparsi
negli ultimi
tempi in
merito
alle mie
denunce".
Neppure a
quel momento
qualcuno si
mosse.
Inoltre,
pochi mesi
dopo ( il 19
febbraio
1999),
inviai
all’allora
Procuratore
Generale
Luca
Marcellini
una
segnalazione
dall’esplicito
titolo
"Fatti di
rilevanza
penale a
Losone"
accompagnata
da un mio
giornaletto
nel quale
descrivevo
gran parte
delle cose
riportate in
questa
istanza : ma
anche quella
volta
nessuno
intervenne e
pure questa
segnalazione
sarebbe
sparita.
Ben quattro
segnalazioni
( due dalla
SPAA e due
da me)
giunsero
alla Procura
nello spazio
di cinque
mesi e non
solo nessuno
si mosse ma
ora si
emette un
decreto di
non luogo a
procedere
nel quale si
afferma che
al Ministero
pubblico non
era giunta
alcuna
segnalazione
sui fatti in
questione.
Tutto ciò è
di una
gravità
inaudita :
si fa
peccato a
pensar male
?
2.
Cronistoria
Fatte queste
considerazioni,
e prima di
entrare nel
merito di
questa
istanza
d’intervento,
val forse la
pena di
raccontare
con ordine
quanto
successo,
non solo per
una miglior
informazione
della
Sezione enti
locali ,del
CdS e di chi
ci legge in
copia, ma
anche nel
tentativo di
dimostrare
che in tutta
questa
storia non
vi è solo
stata
mancanza di
vigilanza
per
distrazione
o negligenza
da parte di
chi avrebbe
dovuto
vigilare, ma
pure un
probabile
coinvol-gimento
attivo e
passivo da
parte di
membri
dell’Autorità
che in parte
dovevano
sapere e
tacevano e
in parte
traevano
profitto
dagli
abusi
riscontrati
: un
sospetto,
questo,
confortato
da numerosi
indizi e
dati di
fatto , e
sul quale la
Sezione enti
locali (SEL)
non ha
mai ritenuto
di indagare
o anche solo
di fare
qualche
approfondimento
che avrebbe
potuto
scoperchiare
una pentola
pronta a
esplodere e
portare a
una
destabilizzazione
del Comune e
del
Patriziato
di Losone
(art. 197 e
198 LOC +
art. 133,134
e 135 LOP).
Tutto ebbe
inizio nel
1984 quando
il Municipio
presentò una
domanda di
costruzione
per la
realizzazione
di una
discarica di
classe I e
II con una
capienza di
33'000
metricubi in
località
Carlescia,
sul mapp.
449 di
proprietà
del
Patriziato,
con
dissodamento
di 9'450 mq
di bosco.
Dopo lunghe
trattative,
il 28.9.90
la SPA
formulò
preavviso
favorevole
alla
realizzazione
di una
discarica
solo di
classe I
(cioè
destinato
unicamente a
materiale di
scavo
composto di
terra e
roccia
e non di
materiale
edile).
Nel
preavviso si
specificava
che la
responsabilità
per una
corretta
gestione
della
discarica
sarebbe
stata
dell’Ufficio
tecnico e
del
Patriziato :
il Municipio
dal canto
suo era
invitato a
esercitare
le funzioni
di polizia
locale (art.
8 LALIA) e a
notificare
al
Dipartimento
ogni
violazione
della
legislazione
concernente
l’inqui-namento
delle acque.
Scriveva
inoltre la
SPA (allora
solo Sez.
protezione
acque) : "Qualora
la gestione
della
discarica
non dovesse
corrispondere
a quanto
previsto nel
progetto,
sia per
quanto
riguarda la
qualità del
materiale
depositato e
sia per
quanto
attiene al
rispetto dei
piani di
progetto
inoltrati,
la SPA
proporrà al
Dipartimento
la
sospensione
di ogni e
qualsiasi
attività in
discarica".
Uomo
avvisato..
Abuso
edilizio e
scavo senza
concorso
Il 14
luglio`1992
il Cantone
rilasciò
l’autorizzazione
a costruire
una
discarica
destinata a
ospitare
solo
materiale di
scavo
composto di
terra e
roccia.
Le
dimensioni
della
discarica
dovevano
essere le
seguenti :
un volume di
12'000
metricubi e
una
profondità
di 3 metri.
In realtà,
come vedremo
più innanzi,
venne poi
effettuato
uno scavo
del volume
di ca.
20'000 mc e
profondo 5,5
metri (i a
contatto con
l’acqua di
falda),
e
successivamente
ne venne
effettuato
nei paraggi
un
altro
completamente
abusivo di
ca. 3'000 mc.
La licenza
edilizia
comunale
seguì il
24.7.92.
A partire da
quel momento
il Municipio
se ne lavò
le mani e
non si
occupò più
di quel che
avveniva su
quel
terreno, e
con esso
pure
l’Ufficio
tecnico
(UT). A
quell’epoca
(fino al
1996) il
capo
dicastero
delle opere
pubbliche da
cui
dipendeva
pure l’UT
era
Innocente
Pinoja,
grande capo
della
famiglia
Pinoja
proprietaria-azionista
della ditta
Silo Melezza
(specializzata
nell’estrazione
e nella
lavorazione
di inerti),
e quindi
parte
interessata.
Nel 1993 il
Patriziato
decise di
avviare i
lavori di
scavo per la
realizzazione
della
discarica,
ma
anziché
mettere a
concorso
l’opera
o anziché
chiedere una
deroga a
tale obbligo
al Cantone,
come
prescritto
dalla Legge
organica
patriziale
(LOP),
affidò il
lavoro
direttamente
alla Silo
Melezza
sulla base
di una
convenzione
sottoscritta
il 18.10.93
la quale
prevedeva il
versamento
al
Patriziato
di 40'000
franchi a
titolo di
indennità
per il
reimpiego
del pregiato
e
ricercatissimo
materiale
alluvio-nale
estratto.
Si osserva –
come diremo
più avanti
entrando nel
merito di
questa
istanza -
che se il
lavoro fosse
stato messo
a concorso
il
Patriziato
avrebbe
potuto
incassare
assai di più
(almeno
70'000
franchi) e
comunque
l’accordo
fuorilegge
era basato
su uno scavo
di 12'000 mc
e non quasi
del doppio!
E così i
lavori
ebbero
inizio e la
Silo
Melezza, già
favorita
dalla
mancanza di
un concorso,
pensò bene
di
incrementare
i guadagni a
scapito dei
patrizi
scavando
molto più
del
consentito e
commettendo
fra l’altro
un abuso
edilizio
grande come
una casa.
Notasi che
la legge
edilizia
cantonale
(art. 44 e
46) prevede
sanzioni
pecuniarie
entro un
anno
dall’accertamento
dell’abuso
e, nei casi
gravi in cui
gli autori
hanno agito
intenzionalmente
o per
fine di
lucro
(come nel
caso in
questione)
anche una
contravvenzione
che può
superare i
10'000
franchi.
La SEL è
invitata a
indagare se
il Municipio
ha applicato
queste
disposizioni,
e in che
misura.
Chi doveva
sapere ?
Bisognerebbe
essere
caduti dal
seggiolone
da piccoli
per non
credere che
a
quell’epoca
almeno un
municipale –
Innocente
Pinoja -
sapesse
quanto stava
accadendo
sul luogo
degli scavi,
e data la
sua
vicinanza
alla Silo
Melezza (due
suoi figli –
Gabriele e
Leonardo -
sono
azionisti e
il defunto
fratello era
presidente
del CdA) è
comprensibile
che egli non
avesse
interesse a
vigilare e
denunciare
ciò di cui
doveva
essere al
corrente.
Meno logico
è che il
presidente
del
Patriziato,
Virgilio
Conti
(il quale
per inciso
fino a poco
tempo fa
abitava in
affitto in
una casa di
proprietà
della
famiglia
Pinoja), ed
il
segretario
del
Patriziato
Virgilio
Bianda,
che pure
dovevano
essersi
accorti di
quanto stava
avvenendo
sui terreni
patriziali,
non siano
intervenuti
a denunciare
l’asportazione
illegit-tima
di beni
patrimoniali
affidati dai
patrizi alla
loro cura
:
l’interesse
della Silo
Melezza a
commettere
l’abuso era
chiaro ( far
soldi), ma
loro che
interesse
potevano mai
avere a non
intervenire
?
All’epoca
della
convenzione
con la Silo
Melezza in
seno
all’Ufficio
patriziale
sedevano
pure il
vicepresidente
Luigi
Giroldi
(in
Municipio
dal 1996) e
Massimo
Fornera
(in
Municipio
dal 1996 al
2000 quale
capo
dicastero
delle opere
pubbliche) :
ecco altri
due
municipali
di cui è
difficile
credere che
non
sapessero
niente al
momento in
cui , nel
1998,
denunciai
gli abusi.
Un altro
ancora che
avrebbe
dovuto
sapere era
Leonardo
Pinoja
(in
Municipio
dal 1996,
capodicastero
della
polizia fra
il 1996 ed
il 2000),
uno dei sei
azionisti
della Silo
Melezza. E
il sindaco,
avv.
Enrico
Broggini
? Beh, nei
due anni
precedenti
la mia
denuncia
egli era
troppo
impegnato a
ingraziarsi
i suoi
colleghi e a
cercare di
convincerli
a far
affittare
dal Comune
una sorgente
di sua
proprietà al
modico
canone di
circa 80'000
franchi
all’anno per
una durata
di 60 anni,
nonché a
trasferire
il suo
ufficio
legale e
notarile da
Locarno
(città da
lui
sprezzantemente
definita
"buco della
ciambella")
a Losone, in
uno stabile
di proprietà
della
famiglia
Pinoja.
Il triangolo
Silo
Melezza-Patriziato-Municipio
Da questi
intrecci di
interessi di
vario tipo è
facile
capire
perché
Municipio e
Patriziato
non si
pestavano i
piedi a
vicenda
(in nome
della tanto
decantata
"buona
collaborazione"
tirata in
ballo in
ogni
occasione,
anche per
giustificare
il regalo di
un milione
di franchi
che il
Municipio
nel 2001
voleva fare
al
Patriziato
per tappare
i buchi del
golf) e
non li
pestavano
alla Silo Melezza
degli
influenti
patrizi
Pinoja.
All’epoca di
questi
fattacci ben
sei
municipali
su sette
erano
patrizi (fra
cui il
sindaco e il
vicesindaco)
e in
Municipio
sedeva il
vicepresidente
del
Patriziato :
ci si
potrebbe
chiedere se
sia
opportuno
che una
persona
possa stare
contemporaneamente
in un
Ufficio
patriziale e
in un
Municipio e
se non
sarebbe
meglio
evitare
quella
commistione
d’interessi
che in
determinati
casi
potrebbe
creare
situazioni
poco
ortodosse
(come faceva
il
vicepresidente
del
Patriziato,
Giroldi , a
vigilare sul
Patriziato
in veste di
municipale
?) .
Molte delle
vicende
torbide
venute a
galla negli
ultimi anni
a Losone
sono proprio
dovute alla
mancanza o
all’insufficienza
di controlli
di
municipali
patrizi nei
confronti di
tutto quel
che aveva a
che vedere
con il
Patriziato
(un
Patriziato
che è fra i
più ricchi
del Cantone
e
proprietario
di mezza
Losone, e si
sa che dove
girano
troppi soldi
poi si
creano
centri di
potere e
interessi
che se non
vengono
controllati
a dovere
possono dar
origine a un
senso di
onnipotenza
e di
intoccabilità
che può
portare a
fare strane
cose
).
Rifiuti
edili su una
falda
pregiata
(reato
penale)
Ma torniamo
allo scavo.
Portato a
termine il
gigantesco
buco di
20'000 mc
profondo 5,5
metri cioè
quasi il
doppio del
consentito
(vicino
all’acqua
della falda
pregiata,
laddove la
ghiaietta di
quella zona
non a caso
definita
"Gerre" era
più
preziosa) la
discarica
entrò in
funzione nel
1996 .
Per
accedervi
occorreva
aprire una
sbarra
chiusa con
un lucchetto
e la cui
chiave era
custodita
dalla
Cancelleria
patriziale,
cioè dal
segretario
Virgilio
Bianda.
E qui iniziò
un nuovo
triste
capitolo di
questa
scandalosa
vicenda :
quello del
deposito
in discarica
di materiale
edile
espressamente
vietato dal Cantone
al momento
di
rilasciare
il permesso
di
costruzione
e
potenzialmente
pericoloso
per la
falda
di acqua
pregiata.
Fu insomma
bellamente
infranta la
Legge
federale
sulla
protezione
delle acque.
Un reato
di tipo
penale !
Da quei
depositi
abusivi il
Patriziato
incassò
4’845
franchi nel
1996 e 6’127
nel 1997.
Nel 1998,
dai conti
consuntivi
del
Patriziato
si apprende
che
l’incasso
per "tasse
di discarica
+
estrazione"
fu di 31'190
franchi :
non so
esattamente
a cosa si
riferisca la
voce
"estrazione",
ma c’è da
presumere
che, dopo le
mie denunce,
il
Patriziato
abbia
tentato di
correre ai
ripari
incassando a
posteriori
una certa
somma a
titolo di
compensazione
per la
sottrazione
degli inerti
da parte
della Silo
Melezza o
per la
vendita dei
"boccioni"
provenienti
dal secondo
scavo
abusivamente
effettuato
nel 1998
(come diremo
in seguito),
e ciò allo
scopo di
poter
giustificare
che non v’è
stata
cattiva
amministrazione
e che il
Patriziato è
intervenuto
a difesa
degli
interessi
patriziali.
Ma siamo
certi che ci
sarebbe
stato
quell’introito
senza le mie
denunce,
visto che
tanto il
presidente
quanto il
segretario
avevano
negato di
essere al
corrente sia
del secondo
scavo
abusivo e
sia del
traffico di
boccioni ? E
quell’introito
è stato
comunque
sufficiente
a
indennizzare
i patrizi
per il
valore del
materiale
sottratto ?
La mia
risposta è
no. Difatti
in caso di
regolare
concorso i
patrizi
avrebbero
potuto
incassare
circa 18'000
franchi per
i 3'000 mc
del secondo
scavo, ma in
questo caso
non vi son
stati né un
concorso né
una
convenzione,
per cui chi
ha tentato
di fare il
furbo
trafficando
con quel
materiale
deve
restituire o
tutto il
materiale o
tutto il
guadagno
che, al
netto delle
spese,
ammonta ad
almeno
65-70'000
franchi per
la vendita
della terra
e
verosimilmente
ad alcune
decine di
migliaia di
franchi per
la vendita
dei boccioni
(più
ovviamente
l’illecito
guadagno
derivante
dal primo
scavo
effettuato
negli anni
1994-1995).
E comunque
il maldestro
tentativo di
"mettere una
pezza" in
punta di
piedi e
senza
denunce su
quanto di
illegale era
avvenuto –
sempre che
di ciò si
tratti - ,
attutirebbe
solo
minimamente
le
responsabilità
di chi
doveva
controllare
e non l’ha
fatto , di
chi doveva
tutelare gli
interessi
patriziali e
l’ha fatto
even-tualmente
solo
tardivamente
e solo
parzialmente,
e di chi ha
provato a
fare il
furbo e ha
commesso gli
abusi a
scopo di
lucro.
Sarebbe poi
interessante
sapere come
funzionava
il sistema
di
controllo,
di
fatturazione
e di incasso
di tutto il
materiale
che finiva
in
discarica.
Difatti se
il
Patriziato
incassava
mediamente
5-6’000
franchi
all’anno per
le tasse di
discarica e
se in quasi
tre anni di
attività,
come è stato
accertato
dal
Municipio,
in quella
discarica
erano finiti
circa 3'000
mc di
materiale,
ciò
significherebbe
che la tassa
per il
deposito
ammontava a
circa 6
franchi al
mc (contro i
circa 14
franchi
richiesti
dai gestori
di altre
discariche
destinate ai
rifiuti
edili)
oppure che
qualcuno si
serviva
gratuitamente
della
discarica :
e in un caso
o nell’altro
ci sarebbe
da chiedersi
se venivano
fatti gli
interessi
dei patrizi.
Una piccola
chicca : nel
messaggio
sui conti
preventivi
per il 1994
che
l’Amministrazione
patriziale
sottopose il
9 dicembre
1993
all’assemblea
dei patrizi,
prima di
avviare i
lavori di
scavo per la
discarica (
e nessuno
dei presenti
si preoccupò
di sapere se
tali lavori
sarebbero
stati messi
a concorso),
si leggeva :
"Il
Patriziato
ha ottenuto
dalle
competenti
autorità la
necessaria
licenza per
aprire una
discarica
controllata
(sic!)
di classe 1,
dotando così
il Comune di
una deponia
per
materiale da
demolizione
(sic!) o
simili.
Oltre a
risolvere un
problema,
forse non
troppo
sentito in
momenti di
recessione
economica
come quelli
che stiamo
purtroppo
attraversando,
tale
struttura
porterà
sicuramente
nuove
regolari
entrate alle
casse
patriziali".
No
comment !
La
Benneselna
SA e la
Gildi SA
Dalle
verifiche
fatte
succes-sivamente
emerse che
in quasi tre
anni erano
stati
depositati
ca. 3'000 mc
di materiale
e che a
servirsi
della
discarica
erano il
Patriziato
, il
Comune (
con soli. 20
mc di terra
proveniente
dal cimitero
di Losone…),
le imprese
di Losone
Guerini
Edoardo
e Fornera
Agostino
e la ditta
Benneselna
SA.
Quest’ultima
società
merita un
discorso a
parte.
All’epoca,
quale
amministratrice
unica
risultava
essere
Mariagrazia
Peri, di
Cavigliano,
membro del
CdA della
Silo
Melezza,
segretaria
dell’avv.
Salvatore
Pinoja e
allora
amministratrice
unica della
Gildi SA .
E qui va
aperto un
inciso . La
Gildi SA
era una
società con
recapito
postale
presso
Innocente
Pinoja che
fra il 1995
ed il 1998
realizzò una
discarica
abusiva su
un terreno
in zona non
edificabile
vicino al
confine con
Golino, dove
vennero
depositati
ca. 2'000
mc di
materiale di
scavo
anziché i
150 mc di
terra
vegetale
per un
vigneto
previsti
dalla
licenza
edilizia :
abuso da me
scoperto e
denunciato
nel giugno
del 1998 e
risanato con
la rimozione
del
materiale
abusivo alla
fine di
quell’anno.
Il 23
novembre
1998,
rispondendo
a una mia
istanza
d’intervento
su questo
"fattaccio",
la SEL
riconobbe
che nel
frangente il
Municipio
aveva
"mancato
di
incisività
nei riguardi
dell’utente;
esso ha
atteso con
troppa
pazienza
che il
proprietario
si
rimettesse
entro i
canali di
legalità,
concedendogli
larghi tempi,
il che ha
permesso
l’aggravarsi
della
situazione
abusiva".
Anche
allora, come
oggi, la SEL
era però
arrivata
alla
conclusione
che non si
poteva
parlare di
vera e
propria
cattiva
amministrazione,
perché "bisogna
ritenere che
il compito
municipale
di vigilanza
è reso
particolarmente
arduo quando
vi sono
utenti
quali quelli
in
discussione
che
nonostante
gli
interventi
dell’autorità
comunale
persistono
ad oltranza
in
comportamenti
abusivi".
La SEL dopo
aver
sottolineato
che vi era
stata una
collisione
d’interesse
come tale
censurabile
perché in
tre
occasioni
Innocente
Pinoja ed il
figlio
Leonardo
Pinoja
avevano
presenziato
in veste di
municipali a
riunioni del
Municipio
durante le
quali erano
state
adottate
delle
risoluzioni
riguardanti
il terreno
della Gildi
SA, aggiunse
che non vi
erano
elementi
concreti "attestanti
che le
incongruenze
di cui sopra
sono da
ricondurre
alla volontà
del
Municipio di
favorire la
ditta
proprietaria
visto che la
stessa è
ed era in
relazioni
molto
strette con
il sig.
Innocente
Pinoja,
membro del
Municipio
fino
all’aprile
del 1996 e
padre
dell’attuale
municipale
Leonardo
Pinoja.".
Ma di quanti
e quali
esempi del
genere ha
bisogno il
CdS per
intervenire
energicamente
contro le
autorità
losonesi e
in
particolare
quelle che
sono
coinvolte in
abusi a
raffica,
anziché
limitarsi
ogni volta a
tiratine
d’orecchi e
a
racco-mandazioni
di non farlo
più perché
sennò la
prossima
volta "verranno
adottate
sanzioni
disciplinari"
? Non è
forse
proprio con
questa
"mancanza di
incisività"
che si
favoriscono
i furbi e
che si
scoraggia
chi, facendo
il proprio
dovere, si
dà la pena
di
controllare
e di
denunciare
correndo
molti rischi
di tutti i
tipi?
Chiuso
l’inciso
sulla Gildi
SA e
torniamo
alla
Benneselna
SA.
Nel 1996,
proprio in
conco-mitanza
con
l’entrata in
funzione
della
discarica
della
Carlescia,
questa
società si
trasferì da
Verscio a
Losone in un
capannone di
proprietà
del
Patriziato (la
locazione
venne messa
a concorso,
egregi signori
della SEL ?)
situato
proprio
accanto alla
discarica.
Impiegata-telefonista
della ditta
era la
moglie del
direttore
della Silo
Melezza SA.
La
Benneselna
SA (scopi
sociali :
impresa di
trasporti di
ogni genere,
impresa
generale di
costruzione
nonché
l’acquisto,
la vendita,
l’im-portazione
e
l’esportazione
di materiale
di ogni
genere)
fornisce su
richiesta
delle benne
per lo
sgombero di
materiale di
scavo ed
edilizio e
provvede poi
al suo
smaltimento.
Presumibilmente
tutto questo
materiale
finiva nella
discarica
losonese.
Sarebbe
interessante
sapere
quanto
fatturava la
ditta ai
suoi
clienti e
quanto
pagava al
Patriziato
per il
deposito
nella sua
discarica.
Sembra che
fosse
tramite
questa ditta
che veniva
organizzata
l’esportazione
in Germania
di
"boccioni"
alluvionali
: quei bei
sassi
bianchi e
levigati che
si trovano
lungo le
rive della
Melezza e
della Maggia
e sotto i
terreni
patriziali
delle Gerre,
e che
piacciono
tanto ai
germanici
disposti a
pagare circa
2'000
franchi al
mc per
ornare i
loro
giardini con
questo
"souvenir"
del Ticino.
Sembra pure
– e lo so da
fonte certa
anche se non
sono in
grado di
provarlo -
che fra gli
azionisti di
questa
società vi
fossero pure
un
ex-sindaco
di un vicino
Comune e un
sindaco di
un altro
importante
Comune
dell’agglomerato,
i quali,
quando
nell’autunno
del 1998
scoppiò lo
scandalo e
il Cantone
intervenne
per bloccare
qualsiasi
attività
nella
discarica
con
segnalazione
al Ministero
pubblico,
cercarono di
liberarsi
delle loro
azioni e di
trovare
degli
acquirenti.
Un
comportamento
da "topi che
abbandonano
la nave che
affonda" e
che deve pur
far
riflettere…
1998 :
secondo
scavo
abusivo (e
appropriazione
indebita?)
Ma
l’impressionante
serie di
abusi non
era ancora
finita. Nel
1998,
infatti, la
Silo Melezza
scavò in
modo del
tutto
abusivo
un altro bel
buco di ca.
1'000 mq e
profondo ca.
3 metri a
poca
distanza dal primo e
sempre su
terreni
patriziali.
Certamente
non fu il
Patriziato
ad
autorizzare
aper-tamente
un simile
scavo senza
concorso ma
soprattutto
senza alcuna
licenza
edilizia e
quindi non
poteva
esserci
stato un
accordo alla
"luce del
sole" ,come
nel 1993
,del tipo
"tu ti
prendi il
materiale e
versi nelle
casse del
Patriziato
una certa
somma". E se
anche ciò
fosse stato
fatto in
seguito, per
correre ai
ripari dopo
la mia
denuncia,
ciò non
toglierebbe
nulla al
fatto che si
era in
presenza di
un
bell’esempio
di cattiva
amministrazione.
Perché
riesce
davvero
difficile
credere che
nessuno, né
il
presidente
del
Patriziato e
né il
segretario
(che aveva
le chiavi
d’accesso
alla
discarica…),
fossero al
corrente di
ciò che
stava
avvenendo.
Eppure, come
dirò in
seguito ,
entrambi
negarono
alla SEL di
essere a
conoscenza
di quello
scavo di
3'000 mc
(equivalenti
a 270
autocarri da
11 mc che
non passano
certo
inosservati),
e la SEL,
bontà sua,
ci credette
o non dette
comunque
peso a
questo
episodio! Ma
se nessuno
aveva
autorizzato
la Silo
Melezza a
portar via
quei beni
patriziali,
non ci
troveremmo
di fronte a
un tentativo
di
appropriazione
indebita
? E che ha
mai fatto il
Patriziato
per tutelare
i propri
interessi ,
denunciare
la ditta
responsabile
e chiedere
il
risarcimento
di tutto il
guadagno
fatto con
quel
materiale ?
Denuncia,
sopralluogo
e ordine di
sospensione
E veniamo al
fatidico
autunno del
1998. Il 15
settembre
"scoprii" la
discarica (
o meglio le
discariche),
fotografai
tutta la
zona
(compresi
alcuni
mucchi di
catrame e
altri scarti
edili
pronti per
finire nello
scavo) e
verso le ore
16 telefonai
all’Ufficio
cantonale
impianti di
depurazione
e rifiuti
per
denunciare
ciò che
avevo
scoperto.
L’ispettore
G.M. fissò
un
sopralluogo
per il
mattino dopo
alle 9 e mi
invitò a
comunicarlo
all’Ufficio
tecnico
(UT), cosa
che feci. Un
funzionario
dell’UT
informò
immediatamente
il Municipio
che a quel
momento si
trovava in
seduta. Ma
sorprendentemente
il
Municipio
ordinò
all’UT di
non
presenziare
al
sopralluogo,
di modo che
il mattino
dopo allo
stesso
eravamo
presenti
solo io e il
funzionario
del Cantone.
Vi sembra
questo
l’atteggiamento
di un
Municipio in
buona fede
che "casca
dalle
nuvole"
nell’apprendere
che sul
territorio
comunale è
proba-bilmente
successo
qualcosa di
grave e di
illegale ?
Ma non è
tutto.
Difatti
durante la
notte
qualcuno ha
provveduto a
dare
l’allarme
e a far
portar via i
mucchi di
catrame e
altro
materiale
che
fortunatamente
avevo
fotografato.
Un fatto
gravissimo,
perché
dimostra
che i
"cattivi"
avevano dei
complici
molto in
alto .
E poi chi
ha dato loro
la chiave
d’accesso
per portar
via la roba
nottetempo
? Ma
su questo
episodio la
SEL e il
Ministero
pubblico non
si sono
posti alcuna
domanda.
Il giorno
dopo, 16
settembre.
Al momento
del
sopralluogo
sul cantiere
non c’era
nessuno.
Solo una
scavatrice .
Evidentemente
sapevano che
saremmo
arrivati.
Poco dopo il
sopralluogo
l’ispettore
G.M. tornò
sul posto a
scattare
altre foto e
questa volta
il trax era
al lavoro :
evidentemente
avevano
aspettato
che ce ne
andassimo
prima di
riprendere
l’attività.
Eravamo
spiati,
insomma. Nel
suo rapporto
di
costatazione
G.M. scrisse
"La
situazione
in loco a
seconda di
Ghiringhelli
si era
notevolmente
modificata
in quanto
diversi
metricubi di
materiale
erano nel
frattempo
stati
allontanati.
La
situazione è
comunque
grave in
quanto
contrariamente
alle
condizioni
rilasciate
nell’auto-rizzazione
a costruire
sono stati e
vengono
abusivamente
depositati
nello scavo
appositamente
eseguito,
rifiuti
edili,
invece che
materiale di
scavo
composto da
terra e
roccia. Da
notare che
la zona si
trova in
un’area di
falda
pregiata".
A
conclusione
del suo
rapporto G.M
proponeva di
segnalare
la
situazione
all’autorità
giudiziaria
per
inquinamento
delle acque
e di
risanare
completamente
la discarica
con
asportazione
del
materiale
abusivamente
depositato e
chiusura
immediata
dello scavo.
E siamo al
17 settembre
:
decisamente
va dato atto
ai
competenti
uffici
cantonali di
essere
intervenuti
con
tempestività
e
risolutezza.
Cosa che non
hanno fatto
né la SEL né
il Ministero
Pubblico né
il Consiglio
di Stato. Il
capo della
Sezione
della
protezione
dell’aria e
dell’acqua
(SPAA),
dottor
.Mario
Camani,
inviò una
lettera
raccomandata
al Municipio
ordinandogli
di
sospendere
immediatamente
qualsiasi
attività sul
mappale 449,
quello delle
due
discariche,
in attesa di
un
sopralluogo
programmato
per il 26
settembre.
Scriveva
Camani a
motivazione
dell’ordine
di
sospensione
immediata :
"Vista la
gravità
della
situazione
venutasi a
creare,
considerato
che sono
state in
modo
manifesto
disattese le
disposizioni
rilasciate
nell’autorizzazione
cantonale a
costruire
del 14
luglio 1992
e che il
materiale
depositato
potrebbe
inquinare la
falda, che
nella zona
risulta
pregiata ai
fini di un
approvvigionamento
in acqua
potabile…".
La lettera
si
concludeva
così : "Tenuto
conto della
gravità
della
situazione
il caso
viene
segnalato,
con l’invio
di copia
della
presente,
all’autorità
giudiziaria
per le sue
incombenze".
Purtroppo,
come detto,
dal
Ministero
Pubblico
nessuno si
mosse e a
quanto pare
nel suo
archivio
questa
lettera non
c’è più o
per lo meno
non è stata
trovata dal
procuratore
pubblico che
dopo quasi 5
anni fu
incaricato
di esaminare
il caso.
Traffico di
"boccioni"
estratti
abusivamente
La lettera
di Camani
giunse al
Comune il
giorno dopo,
ma già la
mattina del
17 settembre
una copia venne
trasmessa
via fax
all’UT di
Losone.
I funzionari
del Comune –
già
nell’occhio
del ciclone
per non aver
vigilato
sulla
corretta
gestione
della
discarica -
avrebbero
dovuto
intervenire
prontamente
per sbarrare
l’accesso
alla
discarica
con una
catena e un
lucchetto e
sospendere
così
qualsiasi
attività,
ma non lo
fecero.
Forse
furono
impediti di
farlo, e se
così fosse
sarebbe
gravissimo.
Fatto sta
che quel
giorno
sull’area in
questione si
lavorò
alacremente
per
portar via
camionate di
"boccioni"
depositati
in bella
vista sul
fondo della
discarica
più recente.
Per correre
un simile
rischio
significa
che quel
materiale
doveva avere
un gran
valore
per chi
organizzava
il traffico.
Sul posto
c’era una
Mercedes con
targhe
germaniche
intestate a
Jacob
Marquart, un
commerciante
di pietre
naturali di
Lautertal
(vicino a
Francoforte).
L’uomo sceso
da
quell’auto
contrassegnava
con una
crocetta
rossa i
"boccioni"
che gli
interessavano
e dietro di
lui una
scavatrice
li caricava
su un
autocarro
della Silo
Melezza che
a sua volta
li
trasportava
fino alla
stazione di
Muralto dove
poi vennero
caricati su
tre vagoni
ferroviari
diretti in
Germania.
Qui, a
quanto mi
risulta, i
sassi
venivano
venduti a
circa
800-1'000
marchi alla
tonnellata,
pari a circa
1’700-2'200
franchi al
mc (un mc
pesa tra le
2,6 e le 2,8
tonnellate).
Dalle
informazioni
in mio
possesso
risulta che
a
organizzare
la
spedizione
era il
segretario
del
Patriziato,
Virgilio
Bianda,
il quale
pochi giorni
dopo – non
sapendo che
io avevo
seguito e
fotografato
tutto -
negò per
iscritto
alla SEL
di essere
coinvolto in
un traffico
di sassi
alluvionali
estratti da
terreni
patriziali,
negò di
essere a
conoscenza
dell’esistenza
di un simile
traffico e
disse di non
sapere che
fine
avessero
fatto i
sassi
asportati
dallo scavo
abusivo. La
stessa cosa
fece il
presidente
del
Patriziato
Virgilio
Conti.
Insomma,
poche ore
dopo la
denuncia e
lo scoppio
del
gravissimo
scandalo
vengono
portate via
da quel
terreno tre
vagonate di
pregiati
sassi –
naturalmente
la sbarra di
accesso si è
aperta da
sola…– e
nessuno ne
sa niente ?
Certamente a
qualcuno il
naso deve
essersi
allungato di
parecchio…
Eppure , in
occasione di
un’assemblea
tenutasi tre
mesi dopo,
Conti
rispose a
una domanda
del patrizio
avv.
Marco
Broggini,
ammettendo
che il
commercio
dei sassi
andava
avanti da
20-30 anni e
che l’idea
di
organizzarlo
era stata
dell’impresario
Gianfranco
Pinoja
(deceduto
nel 1982). E
fu
probabilmente
proprio lì –
aggiungo io
- che
Virgilio
Bianda
apprese
l’arte di
commerciar
sassi con i
germanici,
allorché era
segretario-contabile
dell’impresa
Pinoja. Fu
forse per
stare più
vicini a
questa
preziosa
fonte di
approvvigionamento
che nel 1973
i due
entrarono
assieme
nella stanza
dei bottoni
del
Patriziato :
il primo
quale membro
dell’Ufficio
patriziale e
il secondo
quale
segretario ?
Era proprio
un periodo
d’oro,
quello, per
gli scavi
sui terreni
patriziali.
Stava
infatti
nascendo la
zona
artigianale
e
industriale
di Losone, e
prima di
installare
le nuove
ditte (la
prima fu
l’AGIE) si
provvedeva a
scavare
buchi enormi
e profondi
per estrarre
la buona
terra e i
bei
boccioni.
Poi , su
come questi
buchi
venivano
riempiti, è
tutta
un’altra
storia…
Su un mio
giornaletto
uscito il 10
febbraio
1999 e
andato a
ruba a
Losone
scrissi a
proposito di
Virgilio
Bianda : "Se
tutto era in
regola,
perché agire
nasco-stamente
? Perché
negare di
essere a
conoscenza
dell’esistenza
di questo
commercio ?
Forse perché
non tutto
era in
regola ? O
forse perché
non sta bene
che il
segretario
di un
Patriziato
si faccia le
palle d’oro
vendendo
sassi che
appartengono
ai patrizi
? E chi è
che lo
spalleggiava
e che lo
"copriva"
fuori e
dentro il
Patriziato
?".
Sto ancora
aspettando
adesso una
benché
minima
reazione…E
c’è ancora
chi sembra
convinto –
la SEL – che
in tutta
questa
storia di
abusi gli
interessi
dei patrizi
siano stati
salvaguardati
e che non vi
sia traccia
di cattiva
ammini-strazione…
Il 21
settembre
1998
convocai una
conferenza
stampa per
rivelare ai
losonesi
cosa
succedeva
nel loro
Comune. La
sera stessa
Teleticino
mandò in
onda un
servizio con
belle e
eloquenti
riprese
della
discarica. I
giornali
uscirono il
giorno dopo
con ampi
articoli.
Parlai
dell’abuso
edilizio ,
dell’inquinamento
della falda
e della
segnalazione
di Camani al
Ministero
Pubblico
(ove non
solo le
lettere
vanno perse
ma
probabilmente
nessuno
legge i
giornali…).
Non dissi
nulla però
del traffico
di
"boccioni".
Mi limitai a
dire che dei
sassi erano
spariti e
che girava
voce di un
traffico
internazionale.
Non volevo
insomma
scoprire le
mie carte,
in modo da
attirare
nella
trappola i
responsabili.
Il 22
settembre
inviai alla
SEL
un’istanza
di
intervento
con la quale
da una parte
li invitavo
ad accertare
le
responsabilità
in merito ai
vari abusi
scoperti e
dall’altra
li invitavo
a "girare"
10 domande
all’Ufficio
patriziale
tendenti a
far luce
sulla
sparizione
dei sassi
dalla
discarica
avvenuta il
17
settembre.
Il 7 ottobre
risposero il
Presidente e
il
segretario
negando su
tutta la
linea un
qualsiasi
coinvolgimento
e
aggiungendo
di non
essere a
conoscenza
di nulla.
Alla domanda
mirante a
sapere cosa
intendesse
fare il
Patriziato
per farsi
risarcire
della
perdita
subita con
l’asportazione
di massi
dalla fossa
abusivamente
scavata ( di
cui i due
negarono di
essere a
conoscenza),
la risposta
fu : "Per
quanto
riguarda
l’Ufficio
patriziale
non vi è
stata alcuna
asportazione
di massi.
Il
materiale
alluvionale
scavato è
stato
regolarmente
pagato. Gli
interessi
del
patriziato
sono stati
salvaguardati".
Evidentemente
si
riferivano
ai 40'000
franchi
ricevuti 5
anni prima
per lo scavo
previsto
dalla
licenza
edilizia ,
perché non
potevano
certo aver
incassato
soldi
provenienti
da un abuso
edilizio di
cui per loro
stessa
ammissione
non erano
neppure a
conoscenza.
Stanco di
giocare al
gatto e al
topo, il 23
ottobre 1998
convocai una
seconda
conferenza
stampa e
mostrai le
foto che
dimostravano
il commercio
di
"boccioni",
specificando
pure dove
andavano a
finire e
quanto
fruttava la
loro
vendita.
Solo a quel
momento chi
di dovere
seppe che
avevo
scoperto il
loro gioco,
e allora si
cominciò a
cambiar
versione, ad
ammettere
che il
commercio
andava
avanti da
20-30 anni
ma che le
ditte che
eseguivano
scavi erano
libere di
fare quel
che volevano
con il
materiale
estratto
(sì, ma
scavi
regolarmente
messi a
concorso ed
eseguiti
secondo la
licenza
edilizia…).
Altri abusi
: discarica
e muraglione
ciclopico
sul terreno
della Silo
Melezza
Torniamo
indietro di
un mese.
Verso il 23
settembre,
cioè appena
una
settimana
dopo (!) che
era esploso
lo scandalo
della
discarica
comunal-patriziale
della
"Carle-scia",
dietro al
fabbricato
che ospita
gli impianti
di
lavorazione
della Silo
Melezza (su
un terreno
di proprietà
del
Patriziato)
venne
iniziato
come se
niente fosse
lo scavo
di un buco
abusivo di
ca. 1'000 mc
che nelle
successive
sei
settimane fu
abusivamente
riempito con
materiale di
scavo e di
demolizione
(diverse
ditte del
Locarnese
giungevano
con i loro
autocarri e
scaricavano
gli scarti
edili
direttamente
nello scavo,
con ogni
probabilità
dopo aver
pagato per
il
deposito).
L’illecita
operazione
venne
seguita e
fotografata
di nascosto
dal
sottoscritto.
Il 3
novembre,
quando il
buco era
stato in
parte
richiuso,
denunciai
l’ennesimo
scandalo
alla SPAA
che
successivamente
ordinò la
rimozione
del
materiale
non idoneo e
il suo
trasporto in
una
discarica
autorizzata.
Da notare
che lo scavo
aveva potuto
essere
effettuato
grazie anche
a un "muro
ciclopico"
di sostegno
lungo 40
metri e alto
7,5
costruito
nell’estate
precedente
senza alcuna
autorizzazione
(in zona non
edificabile!)
e
ma-scherato
poi con
tonnellate
di sabbia
(ma dopo che
ebbi modo di
fotografarlo
e di
constatare
di persona
quanto fosse
nuovo di
zecca).
Anche questo
abuso fu
denunciato
dal
sottoscritto.
In un primo
tempo i
responsabili
della Silo
Melezza (e
in
particolare
l’avv.
Salvatore
Pinoja)
negarono che
quel
muraglione
fosse appena
stato
costruito e
sostennero
che esisteva
già dagli
anni ’50. Ma
poi
dovettero
ammettere
almeno
parzialmente
la verità.
Difatti, in
occasione di
un
sopralluogo
organizzato
dal Cantone
il 10 marzo
1999, due
rappresentanti
della
società
(l’avv.
Salvatore
Pinoja e
l’allora
consigliere
comunale
Innocente
Pinoja)
riconobbero
di aver
"consolidato"
un muro che
a loro dire
esisteva già
e di averlo
innalzato di
1,3 metri
(il tutto
ovviamente
senza la
necessaria
autorizzazione
canto-nale).
Se avesse
voluto,
il Cantone
avrebbe
potuto
accertare se
anche il
resto del
muro era
appena stato
costruito
ex-novo, e
ciò sia
facendolo
esaminare da
un perito e
sia
interpellando
le ditte
valmaggesi
che avevano
fornito i
sassi ed
eseguito il
trasporto
degli stessi
nonché la
ditta che
aveva
costruito il
muro (ditte
i cui nomi
erano da me
stati
comunicati
al
Municipio).
Non so se
ciò sia
stato fatto
o se per
l’ennesima
volta i
furbi
l’abbiano
fatta
franca.
Quel che si
sa è che la
Silo Melezza
il 14 maggio
1999
presentò una
domanda di
costruzione
in sanatoria
contro la
quale
vennero
presentate
tre
opposizioni
( fra cui
quella del
Dipartimento
del
Territorio).
Il
Municipio
rilasciò
ugualmente
la licenza
edilizia
che però
venne
annullata
dal CdS con
la
motivazione
che "l’avviso
del
Dipartimento
( su materia
che concerne
il
diritto la
cui
applicazione
compete
all’autorità
cantonale) è
vincolante
per il
Municipio"
e che "al
Comune non è
dato di far
uso della
propria
autonomia
in modo
troppo
disinvolto,
concedendo
cioè licenze
in contrasto
con le
condizioni
del
Dipartimento,
appellandosi
sem-plicemente
a veri o
presunti
interessi
comunali
preponderanti".
La Silo
Melezza,
ovviamente,
inoltrò
ricorso
contro
quella
decisione. E
anche il
Municipio,
molto meno
ovviamente,
fece la
stessa cosa
sostenendo
(senza aver
fatto le
verifiche
che avevo
chiesto…)
che non di
fronte a una
nuova
edificazione
ci si
trovava ,
bensì di
fronte a
semplici
lavori di
manutenzione
o di
assestamento
di una
struttura
preesistente.
La Silo Melezza
era insomma
difesa dal
Municipio !
Il 9 maggio
del 2000 il
Tribunale
cantonale
amministrativo
confermò
l’annul-lamento
della
licenza
edilizia e
respinse i
due ricorsi
spiegando
fra l’altro
al Municipio
che la legge
"gli
precludeva
tassativamente
la facoltà
di concedere
la licenza
in
contrasto
con il
preavviso
negativo del
Dipartimento"
e che la
licenza da
esso
rilasciata
"configurava
una chiara
ed evidente
violazione
del diritto".
A seguito di
ciò il
Municipio
dovette a
malincuore
tornare sui
propri passi
e respingere
la richiesta
di licenza
edilizia., e
così il 31
maggio 2000
la Silo
Melezza
rifece la
trafila
presentando
un ricorso
al CdS
contro tale
forzata
decisione.
Non si sa
più cosa sia
successo da
allora e se
contro gli
autori
dell’abuso
siano state
emanate
sanzioni
( come è
stato fatto
nei
confronti di
altri
losonesi che
hanno fatto
lavoretti
abusivi nei
loro rustici
sui monti di
Losone).
Ma il muro è
ancora lì.
Gli episodi
della
discarica
abusiva
dietro il
fabbricato
della Silo
Melezza e
del
muraglione
in tutto o
in parte
abusivo –
entrambi ,
giova
ripeterlo,
realizzati
su un
terreno di
proprietà
del
Patriziato -
non
c’entrano
direttamente
con la
discarica
della
Carlescia
oggetto di
questa
istanza, ma
servono
comunque
a far capire
con chi
abbiamo a
che fare.
E
contribuiscono
a sollevare
ulteriori
inquietanti
interrogativi
su un
Patriziato
che non
vigila su
quanto
avviene sui
propri
terreni
(specie
quando c’è
di mezzo la
Silo
Melezza) e
che non fa
valere i
propri
diritti di
proprietario
dei terreni
neppure dopo
che gli
abusi sono
venuti a
galla, e su
un Municipio
che in certi
casi (specie
quando ci
sono di
mezzo la
Silo Melezza
e il
Patriziato)
vigila a
singhiozzo o
a scoppio
ritardato ,
e che con
certi suoi
dubbi
interventi
può dare
l’impressione
di fare dei
favoritismi,
o di essere
incompetente
o chissà che
altro.
Ordine di
risanamento
della SPAA e
inefficienze
della SEL
Con grande
rapidità, il
27 novembre
1998 la
Sezione
protezione
Aria e Acqua
( SPAA),
dopo aver
proceduto a
tutti gli
accertamenti
del caso,
comunicò
(con copia
al Ministero
Pubblico) la
decisione
di procedere
al
risanamento
della
discarica,
che venne
eseguito
secondo le
condizioni
sottoscritte
dalle parti
il 10 marzo
1999. I
lavori
furono
eseguiti il
23 giugno
1999, quando
c’era ancora
tempo per
sollecitare
un
intervento
del
Ministero
pubblico
prima che
scadesse il
periodo di
prescrizione
(cioè prima
del 15
settembre
1999). La
SPAA ci ha
messo solo
poco più di
due mesi per
fare tutti i
suoi
accertamenti
e prendere
le dovute
decisioni.
La Sezione
degli enti
locali (
SEL) invece
ha dormito
alla grande,
rivolgendosi
al Ministero
pubblico per
una sua
presa di
posizione
solo nel
dicembre del
2002 (dopo
un mio
pubblico
sfogo) .
Forse la
ragione di
tanta
lentezza
l’ho trovata leggendo
un’intervista
su "La
Regione" del
26 agosto
2003 fatta
da Daniele
Fontana al
Consigliere
di Stato
Luigi
Pedrazzini
(in carica
dall’aprile
del 1999) in
merito alla
funzione di
vigilanza
del Cantone
sui Comuni e
alle
difficoltà
di far
rispettare
determinate
decisioni a
un’autorità
comunale. "Le
nostre
risorse sono
quelle che
sono –
ha risposto
Pedrazzini –
e oggi sono
molto
impegnate
nei processi
di
aggregazione.
Come Cantone
non
possiamo più
permetterci
di
investirle
in un
eccesso di
vigilanza".
Capito ? Il
Cantone non
vigila più
con la
dovuta
tempestività
e tenendo
conto della
gravità del
caso, e così
i furbi la
fanno franca
solo perché
a qualcuno
stanno più a
cuore le
aggregazioni.
In proposito
cito quanto
l’esperto di
diritto
amministrativo
dott h.c.
Adelio
Scolari ha
scritto su
"La Regione"
del 7
febbraio
2000 in
merito alla
denegata o
ritardata
giustizia :
" Poco
importa che
il ritardo
nella
procedura o
nella
decisione
sia dovuto a
un
comportamento
negligente o
ad altra
circostanza,
ad esempio
l’eccessivo
numero di
pratiche
delle quali
l’autorità
deve
occuparsi :
lo Stato
è
responsabile
della buona
amministrazione
della
giustizia.
L’autorità
non può
pertanto, in
principio,
invocare un
sovraccarico
di lavoro o
una mancanza
di
personale,
dovendo essa
prevedere
l’evoluzione
nel campo
specifico e
prendere le
misure
idonee ad
ovviare
eventuali
problemi".
Minacce
anonime e
intimidazioni
politiche
Sabato 12
dicembre
1998, ore
12. Uno
sconosciuto
mi telefonò
e in tono
che non
ammetteva
equivoci mi
disse di
fare molta
attenzione
perché stavo
esagerando.
Poi aggiunse
: "sappiamo
chi ti
passa le
informazioni
e penseremo
anche a
lui".
Come già
detto, un
paio di
giorni dopo
segnalai
per iscritto
queste
minacce
telefoniche
al
Procuratore
generale
cogliendo
l’occasione
per
segnalare
pure quanto
stava
accadendo a
Losone.
Nessuno però
intervenne.
Ma questo
episodio
rende bene
l’idea del
clima che
allora c’era
in paese (un
clima di
tipo
mediterraneo
adatto alla
coltivazione
di arance e
limoni…) e
dei grossi
intrallazzi
e interessi
che con le
mie denunce
stavo
smascherando
e mandando
all’aria.
Erano i
tempi in cui
i capigruppo
in Consiglio
comunale del
PLR, del PPD
e dell’UDC,
evidentemente
mandati
avanti dai
loro capetti
nel
tentativo di
delegittimarmi
e di
demonizzarmi
di fronte
all’opinione
pubblica,
inviavano
comunicati
ai giornali
nei quali mi
si accusava
di aver
fatto
degenerare
il clima
politico
losonese "con
una lunga e
unilaterale
serie di
attacchi
personali
all’indirizzo
di alcuni
municipali e
alcuni
consiglieri
comunali".
E io
replicavo
che a
deteriorare
il clima
politico non
era chi
denunciava
gli abusi ma
chi li
commetteva.
Fra l’altro
poche
settimane
dopo quel
comunicato
mi toccò
denunciare
pubblicamente
pure due di
quei
capigruppo,
coinvolti in
un abuso
edilizio di
una certa
gravità
(sopraelevamento
di una casa
un metro in
più di
quanto
previsto
dalla
licenza
edilizia)...
"Signora
giudice :
che mi
consiglia di
fare ?"
Verso la
metà di
ottobre del
2002, dopo
che erano
trascorsi
quasi 1'500
giorni dalla
mia istanza
di
intervento
senza più
ricevere
notizie
dalla SEL,
persi la
pazienza e
sfogai
pubblicamente
la mia
rabbia con
una lettera
che venne
pubblicata
da alcuni
giornali
("Ticino
oggi" del 16
ottobre,
"Corriere
del Ticino"
del 17
ottobre e
"La Regione"
del 22
ottobre).
Presi lo
spunto da
una frase
che una
giudice
aveva
pronunciato
in aula
prima di
condannare
il deputato
Rodolfo
Pantani per
diffamazione.
La giudice
disse che "se
un politico
vuol
denunciare
un certo
malandazzo
lo deve fare
in termini
civili e nel
rispetto
delle
persone e
soprattutto
deve
documentarsi
in modo
scrupoloso".
Giusto !
Scrissi. "Ma
allora il
giudice mi
deve
spiegare
perché certe
denunce
fatte in
termini
civili e
sulla base
di una
documentazione
inoppugnabile
finiscono
poi senza
conseguenze
per i
notabili
autori di
qualche
malandazzo".
E ricordai
che "quattro
anni fa
avevo
pubblicamente
denunciato
una serie di
abusi e
intrallazzi
in cui in un
modo o
nell’altro
si erano
trovati
coinvolti il
Municipio e
l’Amministrazione
patriziale
di Losone.
Sia la
Procura
pubblica,
sia la
Sezione
degli enti
locali
furono
informate
dell’esito
delle mie
indagini ma
nessuno si
mosse. E i
colpevoli di
quei gravi
fatti
rimasero
tutti ai
loro posti.
Non
ricevettero
neppure una
tiratina
d’orecchi.
Come dar
torto a
Pantani
quando dice
che
purtroppo le
proteste
sussurrate
non vengono
udite e che
spesso per
far
passare i
messaggi è
necessario
alzare il
tono della
voce?".
Poi
raccontai in
modo
succinto gli
scandali da
me
denunciati
osservando
che l’unico
concreto
risultato
ottenuto fu
quello di
far chiudere
la
discarica. "Ecco
signora
giudice –
conclusi
amaramente
– com’è
finita
questa mia
denuncia
pubblica
fatta in
termini
civili e
dopo essermi
documentato
in modo
scrupoloso.
Che mi
consiglia di
fare la
prossima
volta?".
Beh, la
lettera non
passò
certamente
inosservata
perché
qualche
giorno dopo
la SEL uscì
dal letargo
e si mise in
contatto sia
con la SPAA
e sia con il
Ministero
Pubblico
chiedendo
loro incarti
e prese di
posizione
per poter
chiudere il
caso. Ma è
mai
possibile
che si debba
arrivare a
tanto per
avere
giustizia ?
Attorno a
queste
denunce ho
sgobbato
gratuitamente,
e anzi
assumendomi
diversi
costi, per
migliaia di
ore. Ho
fatto molto
più di
quanto la
mia carica
di
consigliere
comunale mi
imponeva di
fare.
Perché dei
funzionari
superpagati
non possono
fare
altrettanto
? Ora non
sono ancora
sicuro di
volermi
ripresentare
alle
prossime
elezioni
comunali,
perché sono
leggermente
nauseato da
tutto il
marcio che
ho scoperto
e denunciato
e ancor più
dall’esito
di queste
denunce e
dal vuoto
che si è
creato
attorno a me
a Losone :
come se gli
abusi da me
denunciati
li avessi
fatti io.
Come
giornalista
ho voluto
vedere da
vicino i
giochi della
politica, ho
voluto
vedere se è
vero quel
che la gente
dice, e cioè
che molti
entrano in
politica
solo – o
quasi - per
farsi i
propri
affari.
Questa mia
istanza, in
un certo
senso, è il
risultato di
questa mia
inchiesta da
"giornalista
infiltrato
nella
politica"
durata quasi
otto anni.
La
prescrizione
si avvicina
e il CdS
dopo 5 anni
si fa vivo
Il 23 maggio
2003 la SEL,
dopo un
silenzio di
quasi 5
anni, mi
informava
graziosamente
che la
situazione
sul mappale
era stata
risanata, e
siccome io
nei mesi
addietro
avevo
sollecitato
l’evasione
della mia
istanza mi
segnalava di
considerare
conclusi gli
approfondimenti
di sua
competenza e
che per la
comunicazione
di evasione
riteneva di
dover
attendere
pure la
posizione di
altre
istanze
(vedi
penali) cui
io avevo
trasmesso a
suo tempo
una
segnalazione.
Risposi loro
il 28 maggio
con una
letteraccia
nella quale,
dopo aver
osservato
che 5 anni è
il limite di
una
prescrizione
delle
negligenze
commesse,
espressi
tutta la mia
rabbia per
la loro
passività ed
il loro
lassismo,
gridai allo
scandalo per
il modo in
cui si erano
sottratti al
loro dovere
di controllo
in presenza
di qualcosa
di più di un
semplice
indizio o
sospetto di
cattiva
amministrazione
da parte del
Patriziato
(e con il
colpevole
silenzio del
Municipio),
feci
osservare
che non è
così che si
consolida la
fiducia dei
cittadini
nelle
istituzioni
ed è invece
così che si
alimentano
le dicerie
popolari sui
classici due
pesi e due
misure
adottati a
dipendenza
di chi è
stato colto
in fallo.
Alla fine
dissi che se
volevano
fare il loro
dovere il
minimo da
farsi era di
convocarmi e
ascoltarmi
attentamente,
"ma solo
se vi è
volontà di
cercare
veramente la
verità e poi
di prendere
i
provvedimenti
amministrativi
che si
imporranno".
Ovviamente
non mi hanno
convocato e
quindi non
potevano
sapere tutto
quanto è
contenuto in
questo lungo
istoriato (
a meno che
non avessero
letto il
sesto numero
del mio
giornaletto
"Il
Guastafeste"
del 10.2.99
che a suo
tempo avevo
inviato per
conoscenza a
diversi
funzionari
della SEL).
Dopo una
breve
risposta del
4 giugno in
cui mi si
informava
che la SEL
era già
giunta alle
sue
conclusioni
e che prima
di
comunicarmele
si attendeva
la posizione
finale della
Procura
pubblica
(che ha
emesso il
decreto di
non luogo a
procedere il
5 giugno)
ecco che
dopo quasi
altri tre
mesi, con
lettera
datata 19
agosto, il
Consiglio di
Stato ha
finalmente
risposto
alla mia
istanza del
22 settembre
1998. Come
dice
Andreotti :
a pensar
male si fa
peccato ma
qualche
volta ci si
azzecca.
Cosa sto
pensando di
male ? Sto
pensando
all’art. 133
§ 5 della
Legge
organica
patriziale,
il quale
recita
"I
provvedimenti
disciplinari
(nei
confronti
dei membri
dell’Ufficio
patriziale
rei di grave
negligenza
nell’esercizio
delle loro
funzioni)
si
prescrivono
nel termine
di 5 anni
dal
compimento dei
fatti".
Quindi,
visto che "i
fatti" sotto
accusa
furono
compiuti
ancora
almeno fino
al 17
settembre
1998,
ne consegue
che fra un
paio di
settimane i
colpevoli la
faranno
franca ad
ogni modo, a
meno di una
decisione a
tempo di
record del
Consiglio di
Stato a
questa
seconda
istanza o a
meno che
questa
seconda
istanza
"congeli" il
periodo di
prescrizione.
Il CdS tira
le orecchie
a Municipio
e Patriziato
: brrrr che
paura……
E a quali
conclusioni
è arrivato
il Consiglio
di Stato
dopo cinque
anni di
riflessioni
? Quali
severi
provvedimenti
sono stati
adottati
verso gli
autori di
uno dei più
gravi abusi
del genere
registrato
negli anni
‘90 in
Ticino?
Per quanto
riguarda il
Municipio
scrive il
CdS :
"Ritenuto
nella
fattispecie
l’avvenuto
accertamen-
to
dell’abuso
edilizio in
relazione al
deposito di
rifiuti
edili e allo
scavo,
occorre
concludere
che il
Municipio
non ha
compiutamente
svolto i
suoi compiti
di vigilanza
in
materia
edilizia,
cui era fra
l’altro
espressamente
richiamato
nella
licenza
edilizia".
Per quanto
invece
riguarda
l’Ufficio
patriziale
il CdS
scrive che
lo stesso "era
tenuto ad
esercitare
una regolare
sorveglianza
sulle
operazioni
svolte sul
mappale in
oggetto,
ciò che in
concreto non
si è
poi
compiutamente
verificato,
essen-dosi
il medesimo
limitato
a consegnare
le chiavi
alle ditte
interessate
senza mai
effettuare i
dovuti
controlli,
come risulta
dagli
accertamenti
svolti dai
competenti
servizi".
Si
riconosce
inoltre che
nella
fattispecie
non
risulta che
le opere di
scavo o la
concessione
del diritto
di reimpiego
del
materiale
estratto
siano state
messe a
concorso dal
Patriziato
come
previsto
dalla LOP
o che sia
stata
chiesta una
deroga a
tale
obbligo.
Conclusione
?
Neppure
una multa,
un
ammonimento
o un
richiamo, ma
solo un
invito
al Municipio
e
all’Amministrazione
patriziale a
"un
miglior
rispetto in
futuro degli
obblighi
accennati,
in
particolare
degli
obblighi di
vigilanza e
sorveglianza
nei loro
rispettivi
ambiti di
competenza".
Il CdS
ha poi fatto
la voce
grossa
ricordando
che "il
persistere
nel mancato
ossequio di
tali
incombenze
può rendere
necessa-rial’applicazione
di sanzioni
disci-plinari
nei
confronti
dei
responsa-bili". La
montagna,
insomma, ha
partorito il
classico
topolino.
E pensare
che negli
scorsi
giorni il
CdS non ha
voluto
entrare nel
merito di un
mio ricorso
in materia
di diritti
civici (
presentato
allo scopo
di fare
chiarezza
giuridica su
una
questione di
pubblico
interesse),
e mi ha
fatturato
una tassa di
giustizia di
300 franchi
! Due pesi e
due misure :
ecco come
funziona la
giustizia da
noi !
3.
Nuova
istanza :
cattiva
amministrazione
o
amministrazione
infedele ?
Ma non è
finita.
Accertati
gli abusi e
le
negligenze
commessi
dall’Ufficio
patriziale
nella
costruzione
e nella
gestione
della
discarica,
il CdS ha
esaminato
anche la
questione
del
commercio
del
materiale
abusivamente
estratto
dalle
discariche
abusive,
giungendo
alla
conclusione
che "non è ancora
ravvisabile
cattiva
amministrazione,
pertanto una
lesione
degli
interessi
patriziali,
per il fatto
che il
Patriziato
(ovvero i
suoi organi)
non ha colto
l’opportunità
di guadagno
derivante
dal
commercio
del
sottosuolo
del sedime".
Come è
giunto il
CdS a questa
straordinaria
decisione
che non
sembra tener
conto
minimamente
di quanto
successo su
quei terreni
e che non fa
una
distinzione
fra quanto è
stato
estratto
legalmente e
quanto no ?
Perché per
il CdS
l’Ufficio
patriziale
non ha leso
gli
interessi
patriziali
In primo
luogo si
rileva che
il
Patriziato
ha pur
sempre
incassato
dalla Silo
Melezza
40'000
franchi a
titolo di
indennità
per il
reimpiego
del
materiale
estratto,
facendo
finta di
dimenticare
che mettendo
a concorso i
lavori il
Patriziato
avrebbe
potuto
incassarne
almeno70'000
(come
spiegherò
più innanzi)
e facendo
finta di
dimenticare
che
l’accordo
dei 40'000
franchi era
riferito al
reimpiego
dei 12'000
mc previsti
dalla
licenza
edilizia e
non certo a
quello dei
circa 23'000
mc
effettivamente
estratti.
Inutile poi
sottolineare,
come fa il
CdS, che la
Silo Melezza
ha eseguito
i lavori
gratuitamente,
perché per
questo
genere di
scavi le
ditte che
concorrono
lavorano
tutte gratis
e ne tengono
ovviamente
conto
nell’offerta
che fanno
per poter
reimpiegare
gli inerti
estratti.
Il CdS
non entra
minimamente
nel merito
del
coinvolgimento
diretto o
indiretto di
importanti
esponenti
del
Patriziato
nel
commercio di
boccioni
tolti da uno
scavo
abusivo
e quindi da
tutti i
punti di
vista di
proprietà di
tutti i
patrizi :
coinvolgimento
che se
accertato
potrebbe
prefigurare
anche reati
di tipo
penale quale
ad esempio
l’amministrazione
infedele,
e non solo
una cattiva
amministrazione.
Lo stesso
ragionamento
lo si
potrebbe
fare pure
per gli
11'000 metri
cubi di
materiale
abusivamente
estratto e
venduto
dalla Silo
Melezza
con il
colpevole
silenzio di
chi doveva
sapere e non
è
intervenuto
né durante
lo scavo
(per
impedire
l’appropriazione
indebita) né
dopo (per
denunciare
il misfatto
e reclamare
il frutto
dell’illecito
guadagno).
Dove il CdS
sfiora il
ridicolo è
quando cerca
di spiegare
che gli
interessi
del
Patriziato
non sono
stati lesi
perché a
detta del
Patriziato
stesso la
discarica
era
oggettivamente
necessaria
per
l’economia
regionale (
difatti
abbiamo
visto quante
ditte vi
facevano
capo…) e il
suo scopo
non era
quello di
incrementare
gli introiti
ma di
rispondere
ad un
bisogno
collettivo.
Mi sembra
chiaro che
l’oggetto
del
contendere
non è
l’utilità
della
discarica ma
è la fine
che hanno
fatto i
soldi
provenienti
dalla parte
abusiva
degli scavi
: se non
sono finiti
nelle casse
del
Patriziato,
e parliamo
di merce del
valore di
alcune
centinaia di
migliaia di
franchi,
allora c’è
stata
cattiva
amministrazione
indipendentemen-te
dall’utilità
della
discarica. A
meno che per
il CdS vi
sia una
differenza
fra abusi
utili e
abusi
inutili. Per
me un abuso
è un abuso.
Infine il
CdS sembra
voler
assolvere il
Patriziato
dall’accusa
di non aver
avanzato
particolari
rivendicazioni
sul
materiale di
scavo, con
la
motivazione
che
l’operazione
di
sfruttamento
del
materiale
estratto (la
cui vendita
, come
riconosciuto
dallo stesso
CdS,
potrebbe
comportare
introiti
ingenti se
fosse tutto
sfruttabile)
ha comunque
lati
incerti
perché se il
materiale
non fosse di
buona
qualità il
Patriziato
arrischierebbe
di doversi
sobbarcare
gli oneri di
scavo,
trasporto,
lavorazione,
eliminazione
di materiale
di scarto
qualora
rivendicasse
dei diritti
su questo
materiale.
Cioè in
pratica il
CdS sembra
dire che la
Silo Melezza
ha fatto
bene a
portar via
11'000 mc di
materiale in
più di
quanto
pattuito
perché ha
evitato
incertezze e
possibili
spese al
Patriziato.
Va
continuamente
ricordato
che stiamo
parlando di
terra,
sabbia,
ghiaia e
sassi che
sono stati
portati via
abusivamente
e che se
fossero
stati
lasciati al
loro posto
non
avrebbero
causato al
Patriziato
incertezza
alcuna né
tantomeno
delle spese,
ma dal
momento che
sono stati
portati via
senza alcuna
autorizzazione
vanno pagati
al legittimo
proprietario.
Va pure
ricordato
che se il
Patriziato
avesse messo
a
concorso
quegli scavi
sarebbe
spettato
alle ditte
concorrenti
valutare la
qualità del
materiale,
ad esempio
con piccoli
scavi di
sondaggio, e
quindi il
Patriziato –
contrariamente
a quanto
afferma il
CdS – non
avrebbe
corso alcun
rischio e
non avrebbe
in ogni caso
dovuto
affrontare
alcuna
spesa.
Cosa ci
hanno perso
i patrizi
A parte ciò,
anche i
paracarri
sanno che il
materiale
situato
sotto tutta
quell’area
alluvionale
comprendente
il golf e la
zona
industriale come del
resto fa
capire il
nome della
zona :"Gerre" –
è un
materiale di
qualità composto
in
prevalenza
di terra,
sabbia,
ghiaia e
preziosi
sassi.
Lo sapevano
anche quelli
della Silo
Melezza, che
difatti
hanno
estratto
dallo scavo
quasi il
doppio di
quello che
era stato
autorizzato
( e non
certo per
fare un
favore al
Patriziato),
a comprova
che il CdS
evidentemente
non sa di
cosa sta
parlando.
Giova qui
ricordare
quanto ha
detto il
segretario
cantonale
della
Società
svizzera
impresari
costruttori,
Edo
Bobbià,
in
un’intervista
apparsa su
"La Regione"
del 21
maggio
scorso.
Bobbià
rilevava che
circa la
metà degli
inerti
utilizzati
dall’edilizia
e dal genio
civile in
Ticino
proveniva
dall’Italia
del nord, da
dove nel
2001 erano
stati
importati
oltre
297'000
metricubi di
inerti di
vario
taglio,
equivalenti
a 27'000
autocarri da
11 metricubi
l’uno.
"Un bel
commercio !
"
osservò
l’articolista.
"Lo è
eccome –
rispose
Bobbia –
Dal punto di
vista
ticinese
perché gli
inerti sono
di buona
qualità e
hanno un
eccellente
rapporto
qualità-prezzo.
In ottica
italiana, se
consideriamo
una media di
40 franchi
al mc, il
calcolo è
subito fatto
: 12 milioni
di franchi.
Per loro è
un
"business"
di non poco
conto".
Ciò
dimostra la
"sete" di
inerti (ed
il loro
valore) che
c’è in
Ticino e fa
capire come
sia forte la
concorrenza
fra le ditte
che operano
nel settore
per
cercare di
aggiudicarsi
in loco -
mediante
regolari
concorsi -
gli inerti
necessari
alla loro
attività.
Da
informazioni
assunte
presso una
di queste
ditte so che
in caso di
concorso le
offerte
per lo scavo
della
discarica
losonese
sarebbero
potute
arrivare
tranquillamente
a 6 franchi
al
mc, pari a
72'000
franchi per
12'000 mc
(anziché i
40'000
incassati
dal
Patriziato).
E quindi il
mancato
rispetto
dell’obbligo
di mettere a
concorso
quei lavori
ha
sicuramente
fatto le
fortune
della Silo
Melezza (che
da tutta
questa
operazione e
senza
concorrenti
di mezzo ci
ha
guadagnato
almeno mezzo
milione di
franchi)
ma non ha
certo
tutelato gli
interessi
dei patrizi
: quegli
stessi
patrizi che
recentemente
hanno deciso
di tagliare
i sussidi
alle società
locali per
far quadrare
i conti che
non tornano…
Forse ,
visto che
nel CdS
siedono solo
avvocati,
non tutti
sanno che il
materiale
alluvionale
è molto
ricercato
dalle ditte
attive nel
settore
(perfino il
Cantone
mette a
concorso
l’estrazione
di inerti
dai fiumi)
perché è
particolarmente
adatto per
la
preparazione
di beton
pregiato.
Dopo la
lavorazione
il prezzo di
vendita di
quel
materiale è
di circa
45 franchi
al mc (il
prezzo di
listino è di
50 fr/mc),
di cui, una
volta
dedotte le
spese
generali
nonché
quelle per
l’acquisto,
lo scavo, il
trasporto e
la
lavorazione
del
materiale,
ne restano
all’incirca
la metà
quale
guadagno
netto. Per
cui i conti
sono presto
fatti :
se la Silo
Melezza ha
estratto
abusivamente
circa 11'000
mc di
materiale il
guadagno
netto –
dedotti cioè
i costi vari
- si è
aggirato
attorno ai
250'000
franchi,
somma che
sia i
dirigenti
del
Patriziato e
sia il CdS
sembrano
voler a
tutti i
costi
regalare
alla Silo
Melezza
anziché
ridare ai
suoi
legittimi
proprietari,
e cioè i
patrizi di
Losone.
A proposito
: come sono
stati
dichiarati
al fisco
quei soldi ?
E senza
parlare poi
dei proventi
della
vendita dei
"boccioni"
finiti in
Germania :
dove sono
finiti quei
soldi ?
Come fa il
CdS a
sostenere
che non v’è
stata
cattiva
am-ministrazione
e che gli
interessi
dei patrizi
sono stati
salvaguardati
?
4.
Conclusioni
Alla luce di
questi fatti
di cui
probabilmente
il CdS non
era a
conoscenza
perché male
informato
dalla SEL, e
alla luce
delle
considerazioni
sopra
esposte,
chiedo
quindi una
revisione
della
precedente
decisione e
chiedo :
che sia
riconosciuta
la cattiva
amministrazione
operata
nella
circostanza
dall’Ufficio
patriziale,
il quale non
solo non ha
messo a
concorso lo
scavo
facendo
perdere
almeno
30'000
franchi alle
casse
patriziali
ma ha
permesso che
ingenti
quantitativi
di prezioso
materiale
venissero
asportati
abusivamente
senza mai
denunciare
la ditta
colpevole e
senza mai
chiedere il
risarcimento
del dovuto
(che
dovrebbe
aggirarsi
attorno ai
250'000
franchi)
che vengano
fatti
ulteriori
accertamenti
(anche di
tipo
fiscale) sui
guadagni
illeciti
conseguiti
con questa
operazione
dalla Silo
Melezza e
che questi
guadagni
siano
rimborsati
al
Patriziato
che vengano
svolte delle
indagini
(presso le
FFS e le
autorità
doganali )
per
accertare il
coinvolgimento
del
segretario
del
Patriziato
ed
eventualmente
di altri
membri
dell’Ufficio
patriziale
nel traffico
di boccioni
abusivamente
estratti dai
terreni
patriziali
(eventualmente
anche in
passato) e
per
accertare
dove siano
finiti i
soldi
derivanti da
quel
traffico.
che venga
sollecitato
il Ministero
pubblico ad
accertare
eventuali
responsabilità
di tipo
penale non
solo legate
all’inquinamento
della falda
ma anche a
eventuali
appropriazioni
indebite e
amministrazione
infedele
nonché
legate alla
mancata
chiusura
immediata
della
discarica il
17 settembre
1998 (con
conseguente
prelevamento
di boccioni
a scopo di
lucro) dopo
l’ordine
giunto via
fax da
Bellinzona
(vi furono
indebite
"pressioni"
sull’UT per
ritardare la
chiusura o
fu l’UT a
peccare di
negligenza?)
e alla fuga
di notizie
dal palazzo
comunale la
sera del 16
settembre
1998
(presumibilmente
fra le 17.30
e le 19.30)
che permise
di evacuare
nottetempo
materiale
inquinante
dalla
discarica
prima del
sopralluogo
di un
funzionario
del Cantone
che venga
accertato se
il Municipio
ha multato
per abuso
edilizio la
Silo Melezza
per lo scavo
effettuato
negli anni
1994-95 e
per quello
effettuato
nel 1998
applicando
l’aggravante
dell’abuso a
scopo di
lucro
previsto
negli
articoli 44
e 46 della
Legge
edilizia
cantonale (
e se no,
perché non
l’ha fatto).
Che vengano
riesaminate
le
responsabilità
di quei
municipali
che dovevano
sapere e non
hanno
vigilato o
hanno
taciuto o
addirittura
hanno
conseguito
dei guadagni
per sé o per
parenti
stretti da
questi abusi
Che venga
accertato se
i costi
(presumibilmente
ingenti) per
il
risanamento
della
discarica e
la sua
chiusura
(con
riempimento
dello scavo)
siano stati
pagati dal
Patriziato o
se siano
finiti nel
"calderone"
della
costruzione
del golf
Va da sé che
in caso di
necessità
sono pronto
a
documentare
e
giustificare
tutto quanto
sopra
esposto.
Invio copia
della
presente al
Ministero
Pubblico e
alla Camera
dei ricorsi
penali per
la
riapertura
del caso
alla luce
dei nuovi
fatti di cui
non erano a
conoscenza,
a tutti i
deputati in
Gran
Consiglio
quali membri
del potere
che esercita
l’alta
vigilanza
sul
Consiglio di
Stato nonché
quali membri
del potere
che sta
esaminando
l’introduzione
di norme
legislative
che
assicurino
l’onorabilità
delle
cariche
pubbliche,
alla
Divisione
delle
contribuzioni
e
all’Ufficio
delle
domande di
costruzione
per le
verifiche di
loro
competenza.
Distinti
saluti
Giorgio
Ghiringhelli
|